Assicurazioni

Protezione assicurativa e investimento: quanto pesa la questione culturale?

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Dobbiamo prendere atto di quello che l’assicurazione rappresenta per il mondo della consulenza finanziaria, per il mondo del risparmio e delle famiglie“. Con queste premesse Leopoldo Gasbarro, direttore di Wall Street Italia, presenta il nuovo evento “Il valore dell’assicurazione – Dalla protezione all’investimento“.

Un viaggio diviso in tre differenti momenti di approfondimento nel mondo dell’assicurazione. Il primo riguarda proprio il valore del mondo assicurativo rispetto alla pianificazione finanziaria perchè, come rimarca Gasbarro, “non si può costruire una casa senza fondamenta“. Oggi l’assicurazione è un vera e propria base essenziale, e sempre più preminente sul piano della consulenza assicurativa e finanziaria. Specie in un paese come l’Italia, dove la longevità sta determinando il progresso della società, in ambito sanitario e previdenziale. Ma nonostante ciò, la copertura è ancora marginale, e questo per vari motivi.

Ma quale è lo stato dell’arte in Italia sulla questione assicurazioni/consulenza finanziaria? Un interrogativo che è anche il punto di partenza del primo panel dal titolo “L’assicurazione, base essenziale della consulenza finanziaria” in cui alcuni esperti del settore finanziario e assicurativo, hanno approfondito la questione. Tra gli ospiti Nicola Ronchetti, Founder & CEO FINER Finance Explorer, Lorenzo Agresti, Responsabile Business Protezione di Banca Mediolanum, Federico Gerardini, Responsabile Direzione Commerciale Zurich Bank, Fabrizio Simonini, Executive Vice President e Direttore Commerciale Italy Unicredit Allianz Vita e Giovanni Tucci, Coordinatore Bancassicurazione Gruppo Banco BPM.

Assicurazione in Italia: un problema culturale?

Tra i grandi problemi nel mondo assicurativo italiano c’è la questione della gestione delle risorse finanziarie. Perché tra protezione e consulenza finanziaria c’è un grande fil rouge, come ha notato Nicola Ronchetti di FINER: “Uno dei grandi problemi della consulenza finanziaria è di convertire la liquidità nel conto corrente in risparmio gestito“. Perché molti in Italia tendono a tenere i soldi sul conto corrente in caso di necessità, “il 66% non vogliono investire il proprio denaro“. Perché vogliono tenere il denaro lì, come sicurezza. L’antidoto sarebbe di proteggersi, o meglio “[…] eliminare il rischio da possibili eventi non protetti, e liberare il denaro affinchè possa essere investito.

Negli ultimi mesi c’è inoltre una fuga dalle polizze Vita di Ramo I. Vengono ritenute non più remunerative rispetto ad esempio ai BTP. Ma è una fuga folle, “perché confondere e sottoscrivere prodotti assicurativi a protezione e cercare un vero rendimento sul breve termine e quindi di fare trading con prodotti di Ramo I dimostra ancora una volta l’enorme potenziale che hanno i consulenti finanziari nel fare cultura e di spiegare la differenza tra un prodotto di protezione e invece attività di breve termine nella ricerca di rendimento”. Ma va detto che nell’anno del BTP, sembrano siano premiati i prodotti alternativi (anche se minimi nei portafogli, sotto l’1%), e quelli assicurativi. E questo può essere una valida partenza. Anche perché in Italia i livelli sono bassi.

Un problema culturale? Per Ronchetti è così. Si veda la Francia, considerato l’esempio migliore: ” E’ soprattutto una questione culturale. Tutta la copertura assicurativa permette ai francesi di esser 4-5 volte più assicurati rispetto agli italiani. Gli italiani sono protetti dai casi base Vita Casa e Salute solo per il 10%, e arriviamo al 20% per quelli più patrimonializzati.” A sua volta anche la Spagna dimostra un maggior investimento a livello assicurativo. Per Federico Gerardini di Zurich, confrontando Italia con la Spagna “[…] i premi di protezione in Italia sono circa 3,9 miliardi, in Spagna sono oltre 5 miliardi. L’investimento è sicuramente più alto nonostante la popolazione più contenuta“. Questo perché l’educazione deve essere fatta, specie in Italia.

Le “tradizione” delle assicurazioni in Italia

Alla base dell’atteggiamento e della cultura italiana sul fronte assicurativo, Fabrizio Simonini di Unicredit Allianz Vita ne tratteggia un panorama basato su un passato più sicuro al punto che le banche stesse si sono concentrate più sull’asset finanziario, e meno su quello assicurativo. “Le banche e i promotori si sono concentrati sulla gestione del denaro liquido, perché c’era una società che parlava di rivalutazione degli immobili secolare, parlava di affitti e di sanità gratuita. Di un’occupazione di buon livello“. Quello che accadeva rimediava a tutto, soprattutto il welfare familiare. Oggi invece è diverso.

C’è una convivenza plurigenerazionale sullo stesso patrimonio. Prima c’erano delle fasi di accumulo e decumolo, oggi c’è una vita che costa di più, un’istruzione che costa di più, e ci sono delle entrate incerte“. Bisogna partire anche dalla considerazione che ci sono situazioni monofamiliari, e professioni non più trasferibili tra padre e figlio. Altro esempio del mondo assicurativo italiano è anche la questione immobiliare. Come ricorda Federico Gerardini , In Italia siamo anche per l’80-90% sono possessori di prime case, e solo il 3% è assicurato a terremoti e alluvioni“. E questo in un paese fragile a livello sismico e naturale. E la soluzione di lasciare i soldi per proteggersi dalle avversità, o di usare i BTP, sono temporanee. Inoltre a livello di coperture inoltre c’è poca consapevolezza: molti sono assicurati, ma non sanno sempre in cosa.

Serve una consulenza di maggior livello

Per venire incontro alla clientela italiana, come ricorda Fabrizio Simonini, si deve attuare una “[…] riconversione del mestiere dell’attivita della consulenza, passando da una di tipo distributiva,  ad un modello che porti chi è di fronte al cliente ad avere un diverso livello professionale. Una professionalità di tipo tecnica, appunto investendo sulla formazione“. E non solo: “è necessaria una nuova educazione lessicale linguistica e relazionale“.

Per questo il consulenze finanziario deve essere soprattutto assicurativo. Secondo Lorenzo Agresti di Banca Mediolanum, non si può essere consulente finanziario senza occuparsi della consulenza assicurativa, ovvero della sfera protezione del proprio cliente. “Senza curarsi del fatto che da un momento all’altra qualcosa può portarti via, non è consulenza con la C maiuscola. Cosa hanno veramente bisogno i nostri colleghi: se ci limitiamo solo all’asset allocation, non abbiamo capito qual è il nostro scopo.” Dobbiamo occuparci del futuro, non del “qui-e-ora”. Perché “il prodotto assicurativo è una promessa.“.

Le banche hanno l’obbligo indiscutibile e il vantaggio di avere una relazione con la propria clientela”, sottolinea, invece, Giovanni Tucci di Banco BPM.  Più di altri, “le banche conoscono quando il cliente attraversa dei momenti importanti, come l’acquisto di una casa“. Ma il discorso diventa più complesso quando si parla di bisogni futuri, magari incerti e che hanno una percezione variabile. Bisogna fare leva sul concetto di rischio, che nel mondo degli investimenti è un paradigma consolidato. Fare leva sui momenti di maggior percezione è un elemento chiave, perché “siamo circondati da eventi che possono compromettere la stabilità di qualunque individuo.” E pochi si accorgono che la copertura dei rischi è già una forma di investimento.