NEW YORK (WSI) – Il “passo falso” di Letta. Con questo titolo il Financial Times pubblica un editoriale molto critico nei confronti delle politiche industriali “protezioniste” del Governo di larghe intese.
Il primo ministro Letta viene criticato in particolare per la gestione del salvataggio di Alitalia e dell’operazione di vendita di Telecom Italia. “Il protezionisismo industriale è tornato di moda a Roma e non è un bel vedere”, si legge nell’attacco del quotidiano finanziario.
La notizia della vendita della compagnia di teleconomicazioni nazionale, fortemente indebitata, alla concorrente spagnolo Telefónica è stata accolta da una marea di critiche in Italia.
Un nutrito gruppo di esponenti politici ha esortato l’esecutivo a fare di tutto per impedire la chiusura dell’accordo. Pressioni politiche crescenti sono state esercitate anche contro la cessione di alcune controllate da parte della società di difesa Finmeccanica.
Se vuole mettere fine alla crisi economica, l’Italia ha un disperato bisogno di investimenti stranieri, ma “le autorità sono troppo impegnate ad avvolgersi nella bandiera italiana per accorgersene”.
L’esempio migliore di questa ondata di nazionalismo economico industriale lo offre il caso Alitalia. Cinque anni fa l’allora premier Silvio Berlusconi si è opposto all’Opa di Air France-KLM (eravamo in piena campagna elettorale), insistendo che la compagnia avrebbe dovuto rimanere italiana. La compagnia francese aveva proposto di accollarsi anche grande parte del debito del gruppo.
Il gruppo di imprenditori “patriottici coraggiosi” che ha rilevato l’azienda non aveva però pressoché nessuna esperienza nel settore aereo. E come era prevedibile, il piano non è riuscito a sanare le finanze dell’azienda.
Con la partecipazione dell’aumento di capitale da parte delle Poste pensato in questi giorni saranno ancora una volta i contribuenti italiani a dover pagare per il fardello debitorio di una società privata in crisi. I 75 milioni di nuovi capitali sono solo una soluzione per tappa buchi momentanea.
Dal punto di vista prettamente industriale non c’è alcuna logica in questo tipo di operazioni. Il Governo ha scelto di ripetere gli stessi errori commessi nel 2008.