Storicamente, Wall Street versa in una condizione di ipercomprato, e gli investitori dovrebbero prepararsi a un suo dietrofront, nel breve termine, che potrebbe essere comunque limitato a una flessione compresa tra -4% e -7%. La previsione arriva da uno degli strategist più noti di Wall Street, che generalmente è bullish sull’azionario Usa. Si tratta di Tony Dwyer, senior managing director e responsabile strategist di mercato di Canaccord Genuity che, intervistato da Cnbc, parla di una combinazione di fattori che dovrebbe frenare l’exploit degli indici.
Molto più forti sono i toni dell’articolo di Tim Price di SovereignMan.com che ricorda come, in data 30 marzo dell’anno 1999, il Wall Street Journal celebrasse il superamento della soglia dei 10.000 punti, da parte del Dow Jones, per la prima volta nella storia.
Cosa successe, tuttavia, dopo? Tim Price ricorda come il titolo del secondo articolo pubblicato sul Wall Street Journal lanciasse un chiaro avvertimento, lo stesso giorno.
Il monito bolla dal crash del 2000
“Se questa è una bolla, sicuramente esploderà”, scriveva sempre il Wall Street Journal.
E così accadde. Il Dow Jones Industrial continuò a salire per i successivi otto mesi e mezzo. Ma il 14 gennaio del 2000, dopo aver testato il massimo, iniziò una flessione orribile che durò due anni e che azzerò $5.000 miliardi ($5 trilioni) dal patrimonio degli investitori.
Traslando quanto accadde in quegli anni a oggi, Price fa notare come l’azionario Usa sia in condizioni di ipercomprato. La prova? Il fatto che i titoli azionari scambiati sul Dow Jones vengono venduti attualmente al ratio prezzi-vendita più alto degli ultimi 15 anni, e a un livello ben più elevato rispetto al periodo precedente il crash del 2008.
Altro campanello d’allarme è il rapporto cyclically-adjusted prezzi-utili, al record dal crash del 2000 e più elevato del periodo precedente il crash del 2008.
Prove di bolla sui mercati
Tornando allo strategist Tony Dwyer, le motivazioni che adduce per spiegare i timori di un imminente virata in rosso degli indici azionari Usa sono:
- il maggiore ottimismo degli investitori.
- i livelli record di volatilità implicita
- la presenza relativamente alta in termini percentuali sull’indice S&P di titoli che viaggiano al di sopra delle medie mobili degli ultimi 10, 50 e 200 giorni.
“E’ un tipo di combinazione che crea un contesto maturo per quello che potrebbe essere solo un lieve ma sgradevole ritracciamento”.
Lo strategist fa notare, andando nel dettaglio, che:
- Il CBOE Volatility Index (VIX) è sceso nella sessione di mercoledì al livello più basso in due anni e mezzo, mentre l’indice Dow Jones superava la soglia dei 20.000 punti per la prima volta nella storia, qualche minuto dopo l’avvio delle contrattazioni a Wall Street.
- Allo stesso tempo, secondo un sondaggio recente stilato da Investor Intelligence, il 61% degli autori delle newsletter sui mercati sono ottimisti sull’azionario, elemento che lascia pensare a un sentiment, secondo Dwyer, eccessivamente bullish.
- Fino almeno alla sessione di mercoledì, Wall Street non ha fatto fronte a una correzione superiore a -5% negli ultimi 146 giorni. Si tratta della fase più duratura, sorpassata solo dal periodo compreso tra il febbraio e il settembre del 2014 (in questo caso i giorni furono 158).
Per Dwyer, un calo del 5% “potrebbe dunque essere imminente”.
Ma i toni dello strategist sono decisamente più improntati all’ottimismo di quelli di Tim Price. Si parla d’altronde di perdite contenute e anche “utili”, visto che Dwyer stesso consiglia poi agli investitori di tornare ad acquistare. Perchè, dopo, a suo avviso, il rialzo sarà “significativo”.
L’esperto ritiene infatti che i fondamentali siano positivi e per questo conferma per lo S&P un target di fine anno a 2.340 punti. Altri fattori che giustificano il suo ottimismo in un arco temporale più di lungo termine sono la fiducia nella performance del Pil Usa e i risultati di bilancio della Corporate America.
Lo scorso mercoledì 25 gennaio è stata una giornata storica per Wall Street, con il Dow Jones volato oltre quota 20.000 punti e il Nasdaq che ha segnato nuovo record. Sessione storica anche quella di ieri, che ha visto lo S&P balzare ai massimi di sempre, superando la soglia di 2.300 punti per la prima volta nella storia.