Società

PUTIN E L’AMERICA: PROVOCAZIONI
AD ALTO RISCHIO

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(WSI) –
Lo « spirito di Kennebunkport», che doveva riportare la distensione tra l’America e la Russia dopo il vertice di Bush e Putin nel Maine, non è durato nemmeno due settimane. Ma sospendendo il Cfe, il Trattato sulle forze convenzionali in Europa, il pilastro del disarmo nel dopo Urss, Putin non ha soltanto confermato il grave deterioramento dei rapporti tra le due potenze. Ha anche riaperto le porte a una corsa al riarmo e a un possibile confronto militare con l’Occidente.

La guardinga reazione dell’America («delusione») e della Nato («sbaglio») a una svolta da mesi prevedibile e la disponibilità di tutti a negoziare non basteranno a impedire che tra la comunità atlantica e la Russia s’instauri una pace fredda. Washington, Mosca e Bruxelles sono chiamate a rivedere le proprie politiche. In un rapporto riservato, il Pentagono ha di recente ribadito che l’America dovrà contenere la Cina come contenne l’Urss, più che la Russia. E ne ha citato i progressi nei campi missilistico e nucleare, sottomarino e spaziale. Il monito non può essere ignorato, neanche dall’Europa, ma per qualche tempo «il pericolo cinese» sarà in gran parte commerciale, oltre che per la marea di prodotti con cui Pechino investe il mondoanche per la loro saltuaria tossicità.

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Il braccio di ferro dell’America con la «Repubblica dei veleni», come la rivista Newsweek chiama la Cina, ha soltanto portato alla messa al bando di alcuni suoi alimentari e farmaci, e ieri, mentre Mosca sospendeva il Cfe, Pechino per rappresaglia ha vietato l’import di carni americane. Una sfida ben diversa dalla sfida russa. Perché Putin, dopo averne annunciato la moratoria ad aprile, abbia sospeso il Cfe dovrebbe essere ovvio a Bush, che gestisce il proprio rapporto con lui come gestisce la guerra dell’Iraq, unilateralmente. Putin, di cui Bush diceva di leggergli nel cuore, scorge nello scudo spaziale americano nella Repubblica ceca e in Polonia un piano per vanificare il deterrente nucleare russo.

Non ha dimenticato che negli Anni Ottanta, con il progetto delle «guerre stellari », Reagan mise in ginocchio l’Urss, militarmente ed economicamente. Di più. Si rende conto che Bush non è interessato a un nuovo trattato sulla riduzione dei missili balistici dopo lo Start 1, che cesserà nel 2009. Mentre Bush ammoderna il proprio, e lo dota di missili antimissili, Putin si trova con un arsenale che nel 2015 sarà obsoleto. Nell’intervista del mese scorso al Corriere della sera, Putin minacciò di puntare daccapo i missili contro l’Europa. E’ probabile che non intenda farlo: tornare alla guerra fredda non gioverebbe alla Russia, che è sempre più dipendente dai mercati internazionali, deve smilitarizzare non militarizzare la propria economia, e ha bisogno di massicci investimenti stranieri, come rilevò su queste colonne Franco Venturini.

Ma per evitare che i missili riappaiano in Europa occorre affrontare molti problemi: il Cfe, rimasto lettera morta a causa dei reciproci sospetti; lo scudo spaziale, al quale Putin si è offerto di partecipare; il Kossovo, di cui la Russia rifiuterà di riconoscere l’indipendenza senza l’assenso della Serbia; la presenza militare Usa in ex repubbliche sovietiche; e così via. Indubbiamente, il gesto di Putin è una provocazione, e l’Occidente non deve cedere al ricatto. Potrebbe ottenere l’effetto opposto del voluto, di gettare l’Europa, il classico vaso di cocci tra i vasi di ferro, nelle braccia di Bush. Manon sarebbe una buona soluzione.

Il compito dell’Europa, semmai, è di fare da ponte tra l’America e la Russia. La politica estera e ancora più quella interna di Putin sono a volte riprovevoli, ma si dialoga anche con il nemico, e Putin non è ancora tale. Lo ha mostrato l’ex segretario di stato Henry Kissinger visitandolo venerdì nella sua dacia. Sinora nelle primarie americane non si è discusso della questione russa, ma essa diverrà uno dei temi elettorali più importanti. Se non lo risolverà Bush, dovrà risolverla il suo successore, repubblicano o democratico che sia.

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