FRANCOFORTE (WSI) – Mario Draghi è arrivato in ritardo di sette minuti in quella che indubbiamente si è confermata una conferenza stampa memorabile nella storia della Bce. “Era l’ascensore che non funzionava”, ha esordito il presidente della Bce, facendo gli auguri di Buon anno e accogliendo l’ingresso della Lituania nell’euro.
Dopo pochi minuti, l’annuncio che i mercati aspettavano: l’espansione del programma di acquisto di bond, che avrà per oggetto anche titoli di stato, inizierà a marzo e avrà un valore di 60 miliardi di euro mensili. Il piano volgerà al termine nel settembre del 2016, ma potrebbe comunque protrarsi “fino a quando i livelli di inflazione saranno considerati accettabili”. Più ancora della portata, ai mercati è piaciuta la durata potenzialmente ‘infinita’ del maxi piano.
Gli asset saranno comprati sia nel settore privato sia in quello pubblico. La Bce non acquisterà meno del 25% di debito governativo emesso e non più del 33%. In una concessione alla Germania, che si è sempre opposta al piano, Draghi ha promesso che le banche nazionali si accolleranno la maggior parte dei rischi in caso di default del debito nazionale.
A freddo il valore complessivo, sulla carta superiore alle aspettative della vigilia, viene però giudicato insufficiente da alcuni analisti. Andrew Sentance, consulente economico senior di PwC, sottolinea che “è pari ad appena il 7% del Pil”. In confronto nel 2009 la Banca d’Inghilterra aveva adottato un programma pari al 20% del prodotto interno lordo nazionale.
Dunque, in complesso, gli acquisti avranno un valore di 1.080 miliardi di euro, ma potranno anche valere più di 1.100 miliardi, nel caso in cui fosse necessario per riportare l’inflazione ai target del 2% stabilito dalla Bce.
Un ammontare mensile di 60 miliardi di euro è superiore di 10 miliardi rispetto a quanto era stato anticipato dalle indiscrezioni riportate nel pomeriggio di ieri, che parlavano di un piano da 50 miliardi di euro. Se tutto andrà come previsto, ossia a meno di sorprese dopo le elezioni generali, la Bce potrà inziare ad acquistare titoli di Stato della Grecia da luglio.
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“Gli acquisti avverranno in base alle quote di capitale”, il che significa che saranno proporzionali ai passivi di bilancio di ciascun paese membro dell’Eurozona. “I debiti saranno soggetti alla condivisione delle perdite”.
Draghi ha aggiunto che la Bce deterrà l’8% degli acquisti di asset aggiuntivi e che si accollerà la condivisione dei rischi per appena il 20% degli asset acquistati. L’istituto centrale di Francoforte ha invece previsto una piena condivisione degli “ipotetici rischi” sugli acquisti di titoli emessi da istituzioni comunitarie (come ad esempio la Bei o l’Esm), che rappresenteranno il 12% degli acquisti totali.
Di fatto, la partecipazione al piano non sarà equamente distribuita e avrà un peso ben diverso a seconda della quota di capitale dei singoli paesi membri. Le percentuali di bond che verranno acquistati saranno distribuite in base al contributo di capitale di ogni Stato in Eurozona.
ANALISTI DIVISI SULLA CONDIVISIONE DEI RISCHI
Sugli acquisti di titoli, come detto i rischi, di cui la Bce rileverà un 8%, ricadranno di per lo più sulle banche centrali nazionali. Queste proporzioni “implicano che il 20% degli acquisti – ha detto Draghi – saranno soggetti a condivisione dei rischi”.
Il banchiere si è detto sorpreso di quanta attenzione abbia sollevato in questi giorni il tema della condivisione dei rischi, sottolineando che l’obiettivo della Bce è stato quello di mitigare le preoccupazioni (tra alcuni paesi membri dell’euro) su eventuali conseguenze fiscali non desiderate derivanti da potenziali futuri sviluppi.
Gli analisti di JP Morgan gli danno ragione e considerano poco rilevante le modalità di condivisione del rischio sul piano eterodosso. Anche il team di Credit Suisse sottolinea che la scarsa condivisione del rischio non rappresenta un elemento che ridurrà l’efficacia del QE.
Su Twitter il commento dell’economista Nouriel Roubini è meno favorevole: “La Bce ha lanciato un programma QE più ampio (superiore a 1.000 miliardi di euro) in cambio di una minore condivisione dei rischi (solo il 20% dei bond acquistati dalla Bce, l’80% dalle Banche nazionali centrali) .
Il numero uno della Bce ha difeso in ogni caso l’accordo sulla condivisione dei rischi, facendo notare che non esiste un dipartimento del Tesoro unico per l’Eurozona, e quindi che non esiste altra via se si vogliono risarcire le banche centrali contro le perdite legate agli acquisti di bond.
I MERCATI PER ORA FESTEGGIANO
Draghi è apparso abbastanza esasperato durante la conferenza stampa per le domande piovute sul tema e ha definito l’argomento “abbastanza futile”, affermando che il QE è stato concepito per evitare qualsiasi forma “di finanziamento monetario” dei debiti governativi.
Inoltre, ha detto, il Consiglio direttivo è stato unanime nello stabilire che il programma di acquisto di asset è uno strumento di politica monetaria. Una grande maggioranza, ha precisato, ha intravisto la necessità di agire ora. La maggioranza è stata così ampia, ha continuato Draghi, che non c’è stato il bisogno di andare al voto. Sulla condivisione del rischio, c’è stato “consensus”, si è limitato a dire.
Luke Bartholomew di Aberdeen Asset Management ha osservato che “i mercati accoglieranno con favore il fatto che la Bce acquisterà bond a questo ritmo, visto che si tratta di un ammontare superiore alle aspettative e aperto. L’euro è stato colpito dalle vendite, bucando $1,15, mentre i titoli di stato dei paesi periferici sono più richiesti. Il tasso sui Btp decennali è sceso a un nuovo minimo storico sotto l’1,6%.
Il QE dovrebbe sostenere ulteriormente il prezzo degli asset più rischiosi e dovrebbe mettere sotto pressione la moneta unica. Ma “la decisione in base a cui la Bce si accollerà solo il 20% del debito nel suo bilancio è strana”, ricorda Bartholomew.
L’analista ha aggiunto che “non dovremmo farci trasportare troppo dal valore (del maxi piano). Potrebbe aumentare le aspettative sull’inflazione, ma probabilmente avrà un effetto solo lievemente piositivo sull’economia reale dell’Europa. Un euro più debole dovrebbe aiutare un po’ le esportazioni, ma non renderà di colpo le economie europee molto più competitive. Ciò richiede riforme strutturali che i leader europei non sembrano voler approvare”.
“IL PIANO È SBAGLIATO E RISCHIA DI CREARE BOLLE”
Secondo Jorg Schneider, direttore finanziario di Munich Re l’acquisto di bond è “sbagliato” per l’Eurozona. Il manager intravede rischi maggiori per la formazione di bolle di asset e minori incentivi per le riforme economiche. “E’ illusurio ritenere che la Bce acquisti bond al prezzo di mercato”, dal momento che i prezzi dei bond sono stati alzati in modo artificiale dalla Bce.
La Bce ha deciso di lasciare i tassi invariati al minimo storico dello 0,05%. E’ quanto ha stabilito il Consiglio direttivo della Banca centrale europea, in linea con le attese. L’ultima riduzione dei tassi di rifinanziamento risale al 7 agosto.
Il tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginali rimane allo 0,30%, mentre il tasso sui depositi delle banche presso la Bce è fermo al -0,20%.
La Bce ha annunciato che riferirà “altre decisioni” di politica monetaria, oltre a quelle appena comunicate sui tassi di interesse, nel corso della conferenza stampa del presidente Mario Draghi, in calendario alle 14 e 30.
E’ proprio dalle labbra di Draghi che pendono i mercati. La decisione sui tassi era ormai scontata da tempo, e gli investitori si aspettano molto di più di qualcosa che sia un semplice intervento sul costo del denaro (che peraltro è a zero). Sono mesi che gli investitori di tutto il mondo chiedono a Draghi di agire in modo concreto, di dire basta alle remore della Germania e di dimostrare a Jens Bundesbank, presidente della Bundesbank, la Banca centrale tedesca, di essere lui al timore dell’Eurotower, senza condizionamenti di sorta o interessi localistici.
Fino a qualche mese fa, la parola QE faceva quasi paura. E invece, nelle ultime settimane i rumor sull’arrivo di un bazooka della Bce si sono intensificati. Così come si sono intensificati gli appelli ad agire, causa gli scenari di deflazione e crisi dell’Eurozona tali da non essere più ignorati.
Lo scorso 7 gennaio, è stato comunicato infatti che il tasso di inflazione dell’Eurozona è sceso al di sotto dello zero per la prima volta in più di cinque anni; e ciò ha avallato le speculazioni su un imminente Quantitative easing da parte della Bce, mettendo contestualmente sotto pressione il valore dell’euro.
I mercati hanno dato per scontato il lancio di una manovra straordinaria di quantitative easing, ma le prime indiscrezioni hanno parlato di una misura di appena 500 miliardi di euro, troppo poco secondo diversi economisti.
Sono seguiti poi gli avvertimenti di Deutsche Bank, scettica sull’impatto del bazooka: “Dubitiamo che le aspettative sull’inflazione saliranno in modo notevole, sulla scia di qualsiasi annuncio, viste le lezioni “fallimentari” che arrivano dalla storia sia degli Usa che del Giappone, ma anche per i dubbi sulla capacità di un QE di fare la differenza, in modo veloce, in Eurozona”; la cautela di Royal Bank of Scotland sulle conseguenze su paesi come Italia e Grecia.
Non sono mancati i moniti verso la Germania, ossessionata dalla inflazione anche in tempi di deflazione, pronta a opporsi a qualsiasi piano che contenga la parola “liquidità” in termini di politica monetaria. Athanasios Orphanides, ex membro del Consiglio direttivo della Bce, ex consulente Fed, ex governatore della Banca centrale di Cipro ha chiaramente invitato a Berlino a ricordarsi di quando ci fu il crack di Lehman Brothers, e sia la Bundesbank della Germania che la Banca centrale del Lussemburgo subirono perdite su quegli strumenti finanziari che avevano accettato a titolo di garanzia; perdite che l’intera Eurozona si accollò, e senza fare neanche tante storie.
Fino a 24 ore fa, quando sono arrivate altre indiscrezioni sul maxi piano della Bce: un QE del valore di fino a 1.100 miliardi di euro (1,1 trilioni), effettuato ogni mese- per un ammontare di 50 miliardi di euro, fino alla fine del 2016. Alla fine Draghi ha sorpreso. Ma molti economisti non sono affatto soddisfatti.
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(Lna-DaC)