ROMA (WSI) – Mario Draghi, ancora una volta, ha sorpreso tutti. In una conferenza stampa che la stragrande maggioranza degli analisti aveva previsto senza grandi novità, il numero uno della Bce ha rilasciato dichiarazioni che hanno elettrizzato i mercati azionari, facendo crollare l’euro. Dichiarazioni non solo sull’intenzione di rafforzare il piano di QE (quantitative easing), molto probabilmente a dicembre, ma anche inerenti alla possibilità che i tassi di interesse, inclusi quelli sui depositi, che sono già negativi, vengano abbassati ulteriormente.
Draghi ha però con queste parole anche dato il via all’escalation della guerra valutaria già in atto nel mondo. E ha messo in allerta, in particolare, due banche centrali: la Swiss National Bank, ovvero la Banca centrale svizzera, e la Riksbank, la banca centrale svedese.
Barclays spiega il perchè: “Un eventuale taglio dei tassi sui depositi da parte della Bce a livelli ancora più negativi avrebbe probabilmente un impatto significativo sul rapporto di cambio euro/franco svizzero e provocherebbe una risposta più immediata da parte della SNB. Di fatto, crediamo che una riduzione dei tassi di deposito (dell’Eurozona) potrebbe avere un effetto sul rapporto EUR/CHF molto più dirompente che sugli altri tassi di cambio con l’euro. Al momento, la Svizzera applica un tasso sui depositi negativo soltanto a una parte delle riserve, circa 1/3 dei depositi”.
“I tassi negativi sono invece applicati a tutte le riserve detenute dalla Bce, dalla Riksbank e dalla Nationalbank della Danimarca. Di conseguenza, un taglio del tasso di deposito da parte della Bce avrebbe un impatto molto più forte, sia sull’economia che sui tassi di cambio, rispetto a un taglio della stessa portata da parte della Banca centrale svizzera”.
E’ importante rispolverare la storia recente della Svizzera che, nel tentativo di penalizzare l’appetibilità del franco svizzero – un valore troppo alto minaccia le esportazioni – ha abbandonato il tasso di cambio minimo tra franco ed euro, introducendo anche un tasso di interesse negativo (cosa che ha fatto anche la Bce). Si parla di tasso negativo quando gli istituti che parcheggiano depositi presso una banca centrale non solo non percepiscono alcun interesse, ma devono anche pagare (in questo modo si spera che i depositi vengano piazzati all’estero, con conseguente ribasso della valuta).
“Una risposta della Swiss National Bank a un (ulteriore taglio) della Bce ai tassi di depositi dell’Eurozona potrebbe assumere due forme. 1) La Banca centrale svizzera potrebbe anch’essa tagliare ulteriormente il suo tasso sui depositi e anche il target range del Libor in franchi; o lo stesso istituto potrebbe ricorrere all’opzione nucleare, rimuovendo tutte le esenzioni all’applicazione del tasso negativo sui depositi. Noi riteniamo che quest’ultima ultima scelta sia la più probabile, e che in questo caso le implicazioni sul rapporto EUR/CHF sarebbero maggiori”.
Bisogna ricordare infatti che l’applicazione del tasso negativo sui depositi non è avvenuta per tutti, in Svizzera (si parlava sopra di appena 1/3 delle riserve). Tanto che lo scorso 23 aprile, la misura è stata estesa anche a somme depositate presso la SNB da diverse aziende legate al governo federale, incluso il fondo di pensione PUBLICA.
La decisione è stata presa per perseguire il principio di parità di trattamento, dal momento che, se le pensioni del settore privato erano soggette al tasso negativo di deposito, ciò non avveniva per il governo o per il fondo pensione pubblico. Alcuni esponenti del Parlamento avevano presentato obiezioni denunciando una disparità di trattamento.
Tuttavia, tuttora, la maggior parte dei depositanti retail (privati) non fa ancora fronte all’imposizione di tassi di interesse negativi, il che significa che il singolo risparmiatore svizzero, nel parcheggiare i propri soldi in una banca svizzera, non deve pagare di tasca sua (come fanno invece i grandi fondi che hanno piazzato la loro liquidità presso la banca centrale). Tale situazione potrebbe però cambiare, se la SNB decidesse di rimuovere le esenzioni di cui hanno goduto finora gli istituti bancari svizzeri nei depositi accantonati presso di essa. In questo caso, infatti, le banche elvetiche, non godendo più dell’esenzione, dovrebbero pagare per i fondi parcheggiati presso la Swiss National Bank. E come potrebbero evitare un tale scenario? Semplice: trasferendo i costi ai correntisti.
Dunque, l’effetto finale – e non solo in Svizzera – sarebbe la corsa agli sportelli, come fanno notare Abhishek Singhania e Oliver Harve di Deutsche Bank, e la decisione successiva dei correntisti di nascondere i loro risparmi sotto il materasso.
Le banche centrali, alla fine, finirebbero con il conseguire un risultato diamentralmente opposto a quello desiderato: ovvero, sarebbero costrette a smobilizzare asset per far fronte alla fuga di depositi. In casi estremi, dovrebbero istituire controlli sui capitali e vietare l’utilizzo stesso dei contanti.
Sembra essere proprio questo il futuro. Se la BCE taglierà ulteriormente i tassi sui depositi, le altre banche centrali risponderanno sicuramente per evitare l’apprezzamento delle loro valute. Il punto, però, è che la stessa SNB ha ammesso che l’introduzione di tassi negativi agli inizi del 2015 non si è tradotta nel calo dei tassi sui mutui, ma nel loro rialzo, dal momento che le banche hanno tentato di proteggere i loro margini alzando i tassi nella parte di lungo termine della curva. In modo simile, le banche danesi hanno dovuto alzare i costi di gestione dei nuovi mutui dopo che i tassi sono diventati negativi nel 2012. Un’analisi di tassi sui mutui di lungo periodo offerti da banche svedesi, danesi e svizzeri mostra che alla fine i tassi non sono scesi, ma sono saliti, con l’applicazione dei tassi di interesse negativi. E che a pagare, dunque, sono stati alla fine come al solito i semplici risparmiatori e correntisti. (Lna)
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