ROMA (WSI) – Cannes, 3,4 novembre del 2011: summit del G20: l’Eurozona sta per esplodere, la crisi del debito italiano rischia di far saltare tutto. Nella piccola sala conferenze, attoniti, i leader mondiali assistono a una scena che il Financial Times definisce scioccante.
Il cancelliere tedesco Angela Merkel versa lacrime di rabbia. “Das ist nicht fair”, ovvero “Non è giusto”. E ancora “Ich bringe mich nicht selbst um”, ovvero “Non commetterò un suicidio”.
Merkel piange, e piange per l’Italia. “Non prenderò un tale grande rischio senza ricevere nulla dall’Italia”, dice, affranta, rivolgendosi in particolare al presidente americano Barack Obama, che siede dall’altra parte del tavolo, e al presidente francese Nicolas Sarkozy, e rispondendo con queste parole al sacrificio che viene chiesto a Berlino, per salvare l’Eurozona.
Sacrificio chiesto in modo particolare da Obama: quello di contribuire con i suoi SDR (Special Drawing Rights) per erogare maggiori finanziamenti all’Eurozona e dunque in modo particolare per salvare l’Italia, sull’orlo del collasso e prossima a essere tagliata fuori dai mercati finanziari globali.
Ma Merkel è irremobile, intenzionata a impedire che la Germania aumenti i propri contributi a favore del “grande bazooka” o “firewall” dell’Eurozona, reputato dagli altri leader necessario per rispondere agli attacchi dei trader sui bond, in panico totale per le finanze dell’Europa e in particolare di Roma.
“Nessun paese rappresentava un pericolo di contagio maggiore rispetto all’Italia”.
Il quotidiano ricorda, ancora, che “con un debito sovrano di 2.000 miliardi di euro circa, i funzionari del ministero dell’Economia e delle Finanza di Via XX settembre avevano stimato che un piano di salvataggio, della durata di tre anni, avrebbe avuto un costo di quasi 600 miliardi di euro. E nè l’Unione europea o l’Fmi sarebbero riusciti a finanziare quell’assegno. L’Italia era semplicemente too big to bail, ovvero troppo grande per essere aiutata”.
Un funzionario del ministero delle Finanze francese ricorda: “Nessuno poteva permettersi di aiutare l’Italia, ci trovavamo probabilmente alla fine dell’Eurozona”.
Tecnicamente, gli SDR, ovvero “diritti speciali di prelievo”, non sono una vera e propria moneta. Si tratta dell’unità di conto del FMI (Fondo Monetario Internazionale), il cui valore è ricavato da un paniere di valute nazionali. Tali valute sono euro, dollaro Usa, sterlina britannica e yen giapponese. Si tratta, più precisamente, di un asset che è stato creato attraverso il raggiungimento di un accordo internazionale nel 1969, detenuto dall’Fmi per i suoi stati membri, sostituto dell’oro o del dollaro nelle operazioni di contabilità relative alla finanza globale. Prima di essere spesi, i diritti speciali di prelievo devono essere convertiti in un’altra valuta.
A Cannes, Stati Uniti e Francia vogliono creare tramite gli SDR nuove riserve, e la proposta è quella di portare l’Eurozona a devolvere 140 miliardi di euro in SDR a favore di un fondo di bailout. L’ostacolo che però Merkel incontra ha un nome: quello di Jens Weidmann. I diritti speciali di prelievo non sono infatti controllati dai governi nazionali, ma dalle banche centrali. E Weidmann, numero uno della Bundesbank, si oppone in modo fermo. “Non posso decidere al posto della Bundesbank”, dice Merkel tra le lacrime – Non posso farlo”. A quel punto, stando a quanto ricorda un funzionario europeo presente nella stanza, Obama “capisce di essere andato troppo in là” e, alla fine del meeting, conforta Merkel mettendole un braccio attorno alle spalle.
Il giorno dopo “la tempesta è finita”, racconta una fonte. Il piano dei diritti speciali di prelievo non sarà più presentato; l’Italia sarà monitorata ma non ci saranno finanziamenti a suo favore. E l’allora premier italiano Silvio Berlusconi, annuncia pubblicamente quanto tutti hanno cercato di tenere segreto: ovvero che l’Fmi ha offerto un programma di salvataggio. “L’Italia – scrive l’FT – soffre così lo stigma di aver bisogno di aiuti senza ricevere alcuna assistenza”.
La Germania sarebbe stata d’accordo a impegnarsi in modo parziale solo se l’Italia avesse accettato il programma dell’Fmi. Ma Giulio Tremonti, l’allora ministro delle Finanze, era stato fermo: Roma avrebbe accettato di essere monitorata dall’Fmi, ma non il programma. L’incontro a Cannes si risolve con un fallimento. Nell’arco di una settimana, i tassi sui BTP decennali balzano quasi al 7,5%.