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Quando i capitali fuggono e la corruzione resta

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NEW YORK (WSI) – La crisi dell’economia di Cipro? Il risultato estremo di un processo del globalizzazione dell’economia a fronte di un indebolimento dello stato-nazione. La pensa così Chrystia Freeland, editorialista di Reuters, che dalle colonne del suo blog sottolinea come il caso cipriota e il flusso di denaro russo che ha inondato le banche del paese sia un esempio eclatante di un fenomeno molto diffuso oggi: imprese e ricchi miliardari, approfittando della globalizzazione, trasferiscono capitali per sfuggire alle regolamentazioni più rigide o alla tassazione più alta dei paesi di origine con il risultato di indebolire il concetto di nazione.

Questo è vero solo a metà nel caso dei capitali russi a Cipro. In realtà – si legge nel blog – la pressione fiscale russa non è così alta. Alla base della fuga dei capitali, c’è la volontà da parte dei miliardari russi di fuggire alla corruzione dilagante nel proprio paese. ” Uno dei misteri della Russia moderna è come mai un paese relativamente ricco e con un livello di scolarizzazione alto sia così tollerante nei confronti di un governo autoritario e un sistema giuridico debole” dice Freeland. E aggiunge ancora : “A differenza di quello che è successo nel Nord America o in Europa in epoche precedenti, la classe borghese russa non lotta per ottenere uno stato di diritto nel proprio paese, e quindi, per proteggere i loro capitali. Ha scelto l’opzione più semplice di esportare i soldi all’estero”. “Tutto ciò sta bene a Putin, che ha capito bene che lasciare andar via queste persone, insieme ai loro soldi, rende il suo regime più stabile, esportando una fonte potenzialmente potente di dissenso”, conclude Freeland.