Stimare quanto bisogna versare per la propria pensione integrativa non è semplice, bisogna prevedere l’importo della pensione pubblica e poi valutare caso per caso come procedere. Un contributo extra che può essere preziosissimo, soprattutto per i lavoratori più giovani, vista anche la situazione sempre più critica dei conti pubblici italiani. Vediamo tutto nell’analisi.
I fattori che incidono sulla pensione integrativa
In particolare ci sono molteplici fattori che incidono sul tema della previdenza complementare, tra loro collegati, tra i quali: il valore stimato della pensione pubblica, la percentuale di incremento di quest’ultima ritenuta adeguata da parte di chi sceglie una pensione integrativa, gli anni di contribuzione alla forma pensionistica integrativa scelta e il rendimento netto della soluzione scelta.
Il “percorso” da fare
Per tutti questi motivi è possibile suggerire un “percorso” per determinare la quota di reddito da destinare al fondo pensione ritenuta più adatta alle proprie aspettative, facendo però una doverosa premessa, strettamente connessa alle modalità di adesione. Non bisogna infatti dimenticare che chi ha aderito al proprio fondo di riferimento in virtù di un accordo collettivo o di un regolamento aziendale ha diritto a beneficiare anche del contributo del proprio datore di lavoro secondo la misura e le modalità previste dall’accordo stesso. Ciò però a condizione che il dipendente versi a propria volta, o quanto stabilito dall’accordo/regolamento oppure decidendo di contribuire con un importo maggiore. Fa eccezione in tal senso solo la cosiddetta “adesione contrattuale” (in questo caso, l’accantonamento è a carico del solo datore di lavoro, mentre il dipendente può decidere sia sesia in quale misura contribuire).
La scelta sul TFR
Il lavoratore può decidere di contribuire alla propria posizione mediante il versamento del proprio TFR futuro (tutto o in parte), sempre in base a quanto previsto dal proprio datore di lavoro. Nel caso in cui scelga di contribuire con il solo TFR non potrà però contare sul contributo datoriale. Nell’eventualità di conferimento tacito, particolarmente importante valutare quindi se e quanto integrare le somme versate con un proprio contributo (in questo caso, anche il datore avrà obbligo di contribuire a propria volta, secondo quanto previsto dagli accordi di riferimento).
L’adesione individuale
Diversamente, l’adesione individuale a una forma pensionistica implica che la propria posizione (di fatto presso un fondo aperto o un PIP) sia alimentata esclusivamente dal contributo dell’aderente. Nel caso dei lavoratori dipendenti, resta comunque possibile versare il solo TFR, mentre la scelta di una forma pensionistica differente rispetto a quella prevista dal regolamento aziendale o da altri accordi collettivi non si traduce automaticamente nella possibilità di beneficiare del contributo del datore di lavoro (come invece sarebbe appunto accaduto se si fosse scelto il “fondo di riferimento”).
Le 5 mosse per decidere sulla pensione integrativa
A questo punto, ecco allora un utile percorso per valutare quanto contribuire in base alle proprie effettive necessità:
- stimare tramite la “Busta Arancione”, lo strumento online dell’Inps, la propria pensione pubblica;
- in base all’importo ipotetico della propria futura pensione pubblica, stabilire a quanto dovrebbe ammontare l’incremento – tramite rendita integrativa – utile a disporre di una pensione complessiva che consenta di mantenere un tenore di vita adeguato alle proprie esigenze;
- considerare la durata della contribuzione, tenendo presente che più numerosi sono gli anni contribuzione più facilmente sarà possibile accumulare un buon “tesoretto” anche a fronte di versamenti annui contenuti;
- considerare i possibili vantaggi fiscali legati all’adesione a una pensione integrativa e, in particolare, la deducibilità (entro i 5.164 euro del versamento annuo): l’importo netto del versamento sarà dunque inferiore a quanto effettivamente accantonato presso il fondo;
- controllare attentamente sia all’inizio sia nel tempo non solo il proprio livello di contribuzione, ma anche la linea di investimento scelta. L’obiettivo deve cioè essere quello di un rendimento medio complessivo accettabile, ma soprattutto fare scelte in linea con il livello di rischio che si è disposti a tollerare. Livello che può appunto cambiare nel tempo, ad esempio in base all’ammontare del proprio patrimonio o del numero di anni che separano l’aderente alla pensione.
La simulazione reale
Bella e utile è la simulazione reale sulla pensione integrativa realizzata dagli esperti del Banco di Sardegna (Gruppo BPER). che fa comprendere in maniera concreta con due esempi concreti quanto può incidere per un lavoratore dipendente o un autonomo.
Prendendo come esempio un lavoratore di 35 anni d’età che abbia iniziato a versare i contributi presso la previdenza di base obbligatoria nel 2017 e ipotizzando una cifra mensile da versare per la pensione integrativa di 200 euro (una cifra inferiore, per gli esperti, potrebbe risultare insufficiente).
Nel caso di un lavoratore uomo o donna dipendente con uno stipendio di 1.500 euro netti mensili, l’anno di pensionamento sarebbe il 2057. Ad allora, la pensione pubblica netta mensile sarà di 1.762 euro ai quali si aggiungeranno 338 euro di pensione integrativa. Quindi, l’assegno mensile in totale varrà 2.100 euro netti. Mica male.
Invece, per un lavoratore uomo o donna autonomo le cifre variano leggermente. In questo caso, si considera la RAL. Partendo da un reddito di 30mila euro annui, il pensionamento sarebbe sempre nel 2057 ma la cifra da versare diventerebbe 300 euro per avere poi una pensione pubblica di 1.670 euro netti e una pensione integrativa di 511 euro, per un totale nell’assegno mensile di 2181 euro netti.
Quando iniziare a versare
Qual è l‘età perfetta per cominciare a versare mensilmente la propria quota per il fondo pensione? L’ideale sarebbe aderire alla previdenza complementare il prima possibile, anche nel momento stesso in cui si fa l’ingresso nel mondo del lavoro. Prima si inizia a versare, più consistente sarà poi a fine carriera il contributo che si riceverà mensilmente nell’assegno pensionistico. Tuttavia, come si suol dire, non è mai troppo tardi per cominciare: tale investimento infatti è sicuramente consigliato sia ai lavoratori che hanno superato i 40 anni e sia a coloro che sono già arrivati oltre i 50. Anche a loro, in pochi anni, infatti, potrà garantire una piccola rendita extra preziosa per garantirsi una maggiore serenità finanziaria al momento della pensione.
Insomma, ogni valutazione non può prescindere dalla conoscenza della tipologia di linea di investimento dei fondi pensione e di tutte le loro caratteristiche, proprio perché a soluzioni differenti corrispondono anche diversi livelli di rischio e di rendimento atteso. Da considerare che, quando l’adesione è tacita, il TFR viene sempre fatto affluire a una linea garantita, che offre cioè una garanzia di rendimento minimo o di restituzione del capitale versato al verificarsi di determinati eventi: resta comunque intesa la possibilità di optare successivamente per comparti differenti.