Dal punto di vista etico e politico sono due questioni lontanissime: cosa accomuna la Brexit con la tassa sulle transazioni finanziarie?
Entrambe spaventano i trader, e, anche se se ne parla meno, delle due fa molta più paura la seconda della prima. A una sorta di Robin Hood Tax stanno meditando dieci Paesi europei, con Germania e Francia in prima linea; entro giugno dovrebbe essere elaborata una bozza definitiva sul funzionamento di questa tassa . E, in Olanda, la Flow Traders è già pronta a fare le valigie se la tassa verrà introdotta, per trasferirsi nel Regno Unito oppure in Svizzera.
Flow Traders, una delle principali imprese attive nel trading coadiuvato dalla tecnologia che nel 2015 ha gestito 734 miliardi di dollari, sostiene addirittura che, per i loro interessi, la Brexit sarebbe favorevole grazie all’aumento di volatilità sfruttabile dai sistemi di trading ad alta frequenza.
“Abbiamo un piano B già pronto se il governo olandese adotterà mai questo tipo di piani” fiscali, dice a Bloomberg Dennis Dijkstra, co-ceo di Flow Traders, “se, Dio ne abbia pietà, il governo olandese dicesse che intende imporre una tassa sulle transazioni finanziarie che sia adottata alla fonte delle emissioni, dovremmo trasferirci in Gran Bretagna o in Isvizzera. E’ la più grossa incertezza che stiamo fronteggiando”.
Per adesso non c’è ancora l’Olanda fra i Paesi impegnati nell’elaborazione della Robin Hood Tax, ma le cose potrebbero cambiare se il colore politico del governo, in seguito alle elezioni del prossimo anno, dovesse essere diverso da quello attuale.
Tassare le transazioni finanziarie colpisce in particolare tutte quelle società attive negli scambi ad alta frequenza, i cui interessi, come nel caso già citato della Brexit, hanno caratteristiche peculiari.
Fonte: Bloomberg