Roma – Un monito severo arriva dal Quirinale al governo ed è fra i motivi della convocazione al Colle per Silvio Berlusconi, inaspettata fino a poche ore prima. Il richiamo che Napolitano lancia è sul ‘Milleproroghe’ e più in generale sul modo del governo di usare fiducie, decreti e maxi-emendamenti. Troppe norme “eterogenee” e “non coerenti” con la Costituzione aggiunte al testo originario; il monito è accompagnato da una sorta di ‘ultimatum’ all’esecutivo: “D’ora in avanti, di fronte a casi analoghi – dice il presidente – non potrò rinunciare ad avvalermi della facoltà di rinvio”. Il Cavaliere, spiega una nota del Quirinale, accoglie i rilievi del Colle. Ma è chiaro che, al di là della dovuta cortesia istituzionale, i rapporti, come è ormai da tempo, restano freddi.
Berlusconi mantiene il profilo dialogante, in fondo, come esplicita poche ore dopo Umberto Bossi: “Per questa volta ci salviamo ancora…”.
I rilievi di Napolitano, affidati a una lettera inviata al premier e ai presidenti di Camera e Senato, valgono per il decreto ‘milleproroghe’ ma non solo. Il capo dello Stato indica in più punti la necessità di rispettare il Parlamento, di non “comprimere” il suo ruolo, di non snaturare uno strumento come il decreto che deve rispondere a precisi requisiti di necessità e urgenza. E soprattutto non è possibile che un provvedimento ‘lieviti’ ben oltre il testo originario arrivando a contenere norme estranee alla materia stessa.
In questo modo, insiste Napolitano, si “elude il vaglio preventivo spettante al presidente della Repubblica”. Dunque non ci saranno ‘deroghe’, d’ora in poi decreti di questo genere verranno rinviati.
Per questa volta invece il presidente è “consapevole” che un rinvio potrebbe comportare “la decadenza delle disposizioni contenute nel decreto legge e di quelle successivamente introdotte in sede di conversione” ma sostanzialmente chiede comunque delle correzioni.
Napolitano considera “possibile anche una almeno parziale reiterazione del testo originario del decreto-legge” e ribadisce che “non mancherebbero spazi, attraverso una leale collaborazione tra governo e Parlamento da un lato e fra maggioranza e opposizione dall’altra, per evitare che un decreto legge concernente essenzialmente la proroga di alcuni termini si trasformi sostanzialmente in una sorta di nuova legge finanziaria dai contenuti più disparati”. Berlusconi nell’incontro al Colle ascolta dalla viva voce di Napolitano i rilievi, concorda, promette che il governo troverà una via d’uscita sul milleproroghe. (TMNews)
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Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha lasciato il Quirinale poco dopo le 17. Il premier, accompagnato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per parlare del decreto sulle Milleproroghe.
Prima di recarsi al Quirinale, il Cavaliere aveva ricevuto a Palazzo Grazioli i capigruppo Pdl e Lega di Camera e Senato. Alla riunione erano presenti anche il Guardasigilli, Angelino Alfano, e i due legali Ghedini e Longo. Il vertice a Palazzo Grazioli e’ stato seguito dall’incontro che i ministri leghisti hanno avuto con Letta e Alfano.
Il capo dello Stato ha discusso con il premier i contenuti di una lettera che lo stesso Napolitano aveva inviato al governo per chiedere delle correzioni al decreto Milleproroghe e una maggior collaborazione tra governo e Parlamento. La lettera è stata inviata per conoscenza anche al presidente della Camera Gianfranco Fini e al presidente del Senato, Renato Schifani. E proprio il primo è poi intervenuto alla Camera per leggere il testo.
Nella lettera il Capo dello Stato “ha richiamato l’attenzione sull’ampiezza e sulla eterogeneità delle modifiche fin qui apportate nel corso del procedimento di conversione al testo originario del decreto-legge cosiddetto milleproroghe. Il Capo dello Stato, nel ricordare i rilievi ripetutamente espressi fin dall’inizio del settennato, ha messo in evidenza – si legge ancora – che la prassi irrituale con cui si introducono nei decreti-legge disposizioni non strettamente attinenti al loro oggetto si pone in contrasto con puntuali norme della Costituzione, delle leggi e dei regolamenti parlamentari, eludendo il vaglio preventivo spettante al Capo dello Stato in sede di emanazione dei decreti-legge”.
Nel corso dell’incontro al Quirinale, si legge fra l’altro nel comunicato diffuso al termine dal Colle, “il Presidente del Consiglio ha convenuto sulle osservazioni di metodo formulate dal Presidente della Repubblica nella lettera oggi inviata a lui e ai Presidenti delle Camere in materia di decretazione d’urgenza”.
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