Quota 100 e non solo: con la crisi di governo in bilico la mini riforma previdenziale
Con la crisi di governo in atto molti capitoli che hanno tenuto banco nell’agenda politica dei mesi scorsi appaiano in bilico, tra questi il tema previdenziale. Una delle principali novità introdotte dal precedente governo giallo-verde è quota 100, ossia la possibilità di andare in pensione a fronte di almeno 38 anni di contributi e 62 anni di età, che garantisce uno sconto fino a 5 anni rispetto alla pensione di vecchiaia e quasi altrettanti rispetto alla pensione anticipata.
Quota 100 che ha messo mano alla legge Fornero è una misura sperimentale prevista per un triennio e, nelle previsioni soprattutto della Lega, dovrebbe essere poi sostituita dalla pensione anticipata ottenibile con 41 anni di contributi a prescindere dall’età. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, in base ai dati iniziali le adesioni sono state inferiore alle attese e il 2019 si dovrebbe concludere con circa 200mila pensionamenti. Le previsioni avevano parlato di circa 290mila lavoratori quest’anno, 327mila l’anno prossimo e 356 mila nel 2021, ultimo anno di sperimentazione, che avrebbero dovuto sfruttare quota 100.
Fino al 2026 invece è previsto il congelamento dell’adeguamento alla variazione della speranza di vita per quanto riguarda la pensione anticipata. Fino al 2026 gli uomini la potranno ottenere con 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre alle donne saranno sufficienti 41 anni e 10 mesi. Poi c’è anche Opzione donna ossia la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione a 57 o 58 anni di età, ma con l’assegno determinato tramite il sistema di calcolo contributivo, che nella maggior parte dei casi comporta una riduzione consistente dell’importo. Anche questa misura è in forse. In scadenza quest’anno l’Ape sociale, quello volontario e quello aziendale, quindi sarà al governo a dicembre con la legge di bilancio a decidere se prorogarli o concludere la sperimentazione.
Tutte le misure introdotte in ambito previdenziale, è bene ricordarlo, hanno suscitato forte preoccupazione da parte delle istituzioni finanziarie, così la Commissione Ue ha puntato il dito contro l’aumento della spesa pensionistica nei prossimi anni e anche l’Ocse, secondo cui la mini riforma avrà un impatto negativo sul Pil.