Dopo il decreto dignità, il “governo del cambiamento” mette in agenda altri punti cardine del suo programma. Reddito di cittadinanza e Flat tax (per le quali si prevede che la manovra sia di circa 25 miliardi di euro) ma soprattutto, nell’immediato, la riforma pensionistica.
Prevista per settembre, la cosiddetta “quota 100” ha un costo stimato attorno ai 4 miliardi e prevede che la somma tra età anagrafica e contributi versati risulti pari, appunto, a 100.
Più nel dettaglio il parametro legato all’età anagrafica ritenuta minima per far valere il meccanismo sarebbe di 64 anni; un altro paletto sarebbe invece inerente ai contributi figurativi. Quest’ultimi, si prevede, potranno essere conteggiati con un limite massimo di 2 anni.
Ad essere coinvolti in questa prima fase sarebbero più o meno 400 mila persone. Rimane poi aperto il tema inerente alla “quota 41”, ovvero la soglia di contributi versati ritenuta sufficiente per andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica (precisamente si parla di 41 anni e 6 mesi di contributi versati).
Come riporta “Il Mattino”, le previsioni dell’Inps in merito ai costi della manovra “quota 100” si aggirerebbero in partenza sui 14,4 miliardi di euro; il costo salirebbe poi fino ai 21 miliardi nel 2028 con costi totali pari ad oltre 190 miliardi in dieci anni. I costi andrebbero riducendosi dal 2030 per arrivare a trasformarsi in risparmi a partire dal 2040.
Con il decreto Milleproroghe si dovrebbero sbloccare oltre 2 miliardi di euro derivanti dalla sblocco di avanzi di amministrazione di Comuni e Regioni; di questi, oltre un miliardo dovrebbe essere usato per spingere gli investimenti degli enti locali.
Per quanto riguarda, invece, un altro cavallo di battaglia, Lega e M5S stando lavorando all’estensione a soglie di fatturato più alte rispetto alle attuali (30 mila euro per i professionisti e 50.000 euro per gli altri) cui applicare il regime forfettario al 15%.
In ambito Flat tax, dunque, la soluzione che pare essere la più accreditata è quella di garantire il trattamento agevolato fino ad un volume d’affari di 100 mila euro, con un’ulteriore riduzione per le start-up (a queste sarebbe assicurata un’aliquota del 5% per 3 anni, estesa ulteriormente a 5 anni per gli under 35 e gli over 55).
Altra nota positiva è quella legata alla cancellazione degli studi di settore, dello spesometro e degli obblighi contabili, che verrebbero sostituiti dall’unico adempimento della dichiarazione dei redditi per snellire le procedure.
Infine, la questione legata all’Iva: i due vicepremier Di Maio e Salvini hanno espressamente ribadito la ferma volontà di non aumentare le tasse, quindi sono alla ricerca di soluzioni selettive per evitare l’aumento da 12,4 miliardi di euro.