Milano – “Metteteci Meocci”. È il 14 aprile 2005. Una decina di giorni prima si sono chiuse le elezioni regionali, con una sonora sconfitta per il Centrodestra. Non è un giorno qualunque, perché in quella data l’Udc di Pier Ferdinando Casini e di Marco Follini decide di ritirare i propri ministri dal governo Berlusconi.
Sono momenti concitati in cui viene deciso anche il nome del nuovo direttore generale della Rai, colui che dovrà sostituire, Flavio Cattaneo. Il nome di Alfredo Meocci esce da una telefonata che Deborah Bergamini, ex segretaria di Silvio Berlusconi e ai tempi vicedirettore marketing strategico della Rai, ha avuto il 14 aprile con un non identificato Maurizio che le chiede conto di un incontro tra il “Dottore”, cioè Silvio Berlusconi e Cattaneo.
“Ho parlato con Cattaneo e, se mi dice la verità, lui è bugiardo, dice che sulla questione Rai (Berlusconi, ndr) è confuso. Gli ha suggerito di metterci un esterno, gli ha detto di metterci Meocci”. Un suggerimento che verrà preso in seria considerazione, visto che Alfredo Meocci, area Udc, sarà direttore generale dall’agosto del 2005 al giugno 2006.
Non è la soluzione ideale per la Struttura Delta, “il gruppone Rai” spedito dal premier a colonizzare la Tv di Stato, e la Bergamini lo sa, ma è ancora il frutto di un compromesso politico. Quello che la Bergamini avrebbe voluto esce da una telefonata con il consigliere Rai, Alessio Gorla: “Un direttore generale interno, possibilmente un direttore generale che siederà intorno al tavolo stasera. Qualcuno di estremamente solido e non scendere a compromessi su quella figura, per non mettere noi che facciamo il lavoro più duro in difficoltà”.
Il suggerimento era per l’incontro in programma con Silvio Berlusconi, un tavolo a cui, insieme con i due interlocutori, si dovevano sedere Fabrizio Del Noce (allora direttore di Rai Uno), Clemente Mimun (ex direttore del Tg1) e Gianfranco Comanducci (vicedirettore Rai con deleghe al Personale).
Del resto il lavoro sporco non manca e per coprirlo serve la collaborazione del direttore generale, come nel caso dell’oscuramento dei risultati delle Regionali. “Hai sentito, l’imbecille ci riunisce, ma a che serve?”, chiede la Bergamini a Carlo Nardello, ai tempi direttore marketing strategico, riferendosi all’ennesima riunione convocata da Cattaneo.
È Cattaneo a impartire gli ordini su come pubblicare i risultati delle elezioni e con lui tratta la Bergamini: “Il direttore generale vuole più casino possibile”, si sente in una telefonata dell’ex segretaria di Berlusconi. E a urne chiuse, il 4 aprile 2005, alle sette di sera, la Bergamini chiede a Cattaneo di aspettare a dare i dati fino alle dieci di sera in modo che non vadano in prima serata sui telegiornali: “Non so se tu hai preso una decisione?”. “No, non ne ho prese perché ho parlato con Bonaiuti, lui era lì con Piersilvio, non volevo rompere i coglioni. Io sto tenendo duro con gli altri. Guardate, guardate che non è il caso, non mi sembrano così drammatici, eh”, risponde Cattaneo.
“Però viene il 52 del Centrosinistra contro il 46 nostro, Mediaset non li manda”, puntualizza la Bergamini. “Quello che rompe i coglioni più di tutti è Follini, perché lui vuole attaccare Berlusconi. Io non gli posso consentire questo, ma prima o poi li devo dare. Lui vuole darli prima delle otto per uscire sui telegiornali”, dice Cattaneo.
La Bergamini allora suggerisce cosa fare. Siccome in alcune Regioni è in atto un recupero del Centrodestra, consiglia di tergiversare in attesa di dati più definitivi: “Prima delle otto no! Li facciamo dare al Tg1 alle otto”, è la scelta della Bergamini. “Io Berlusconi non lo chiamo tanto sappiamo cosa fare. Teniamo più duro possibile”, concorda Cattaneo. “Sul telegiornale delle otto, abbiamo anche la copertura di An”, spiega Cattaneo alla Bergamini ma “è Nexus – specifica – che deve dire che non c’ha i dati. Non noi”.
Il lavoro sporco è fatto, ma la Bergamini vorrebbe un direttore generale che si occupi più delle cose da fare che di stesso. “Non si preoccupa del contesto di quello che gli si può richiedere. È brutto quell’uomo lì”, confida a un’amica. “È stata una svista”, dice l’interlocutrice. “Sì una leggerezza e poi non ci si rende conto ora di quanti danni ha fatto. Va cercato con il lanternino uno peggio”.
Quanto alla storia e al ritratto di Deborah Bergamini, faceva la giornalista alla Nazione e per l’agenzia Bloomberg. Nel 1999 conobbe Berlusconi e divenne sua consulente per la comunicazione. Nel 2002, durante il secondo governo Berlusconi, cominciò la sua carriera in RAI. Prima vice direttore marketing, poi consigliere di amministrazione di RAI International, poi consigliere di amministrazione di RAI Trade, poi dal 2004 direttore marketing della RAI. Nel 2008, a seguito della storia che stiamo raccontando, Bergamini sarà costretta a lasciare la RAI e sarà candidata – ed eletta – alla Camera nelle liste del Popolo della Libertà.
Qui un audio in cui dell’allora dirigente della Rai Cattaneo diceva: “Pensa solo a se stesso, speriamo che il CdA lo faccia fuori”. Era l’aprile 2005, il Papa stava morendo e Forza Italia perse (11 a 2) le elezioni regionali. Bergamini, ex cosulente del Cavaliere, promossa nel 2002 alla poltrona di vice direttore marketing strategico di Viale Mazzini, è il ‘capitano’ della squadra ‘antiguai’ al servizio di Berlusconi.
Sintonizza i palinsesti Rai e Mediaset, provvede a piazzare i ‘raccomandati’ e fa in modo che alle notizie spiacevoli sia messo il silenziatore. Ma Bergamini non era la sola a impegnarsi per addolcire al premier il boccone amaro delle Regionali e per discutere con la presunta “concorrenza” palinsesti piu’ favorevoli a Mediaset.
Coinvolti anche Pionati e Mimun, ad esempio. In tanti si attivavano per favorire Berlusconi e la sua societa’. Fino addirittura alla costituzione di una “task force” per controllare e disinformare. Un gruppo che funziona ancora.
Bergamini e Clemente Mimun, all’epoca direttore del Tg1, parlarono della necessita’ di “fare gioco di squadra” con Mediaset allo scopo di favorire il presidente del Consiglio. In un articolo di Repubblica che sembra di oggi: “Le due superpotenze nazionali della tv, che dovrebbero competere aspramente per la conquista dell’audience, fare a gara nella pubblicazione di servizi esclusivi, in realtà si scambiano informazioni sui palinsesti. Concordano le strategie informative nel caso dei grandi eventi della cronaca. Orchestrano i resoconti della politica. Su tutto, la grande mano di Silvio Berlusconi e dei suoi collaboratori, che quotidianamente tessono la tela, fanno decine, centinaia di telefonate, si scambiano notizie, organizzano fino ai più piccoli dettagli”.
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