Raluca Anghel: «Con il Natural Diamond Council combatto la disinformazione nell’industria dei diamanti»
di Gustavo Marco Cipolla
L’importanza di una terminologia appropriata nell’industria dei diamanti, la sostenibilità ambientale, la trasparenza delle informazioni e la tutela dei consumatori nel sistema produttivo dei preziosi naturali. Raluca Anghel, alla direzione delle Relazioni esterne del Natural Diamond Council (NDC), parla delle iniziative promosse dall’organizzazione no-profit per sensibilizzare il pubblico sulle attività di divulgazione, linee guida e standard internazionali volti a contrastare le argomentazioni false o ingannevoli che, tipiche delle strategie di marketing e comunicazione dei mercati globali, possono influenzare negativamente le scelte finali degli stakeholder.
Qual è la sfida che il Natural Diamond Council affronta nel contrastare la disinformazione e il greenwashing associati ai diamanti coltivati in laboratorio?
«I diamanti sintetici potrebbero non essere tutti così sostenibili come alcuni ritengono. Il processo di produzione, che dura alcune settimane, è ad alta intensità di energia e richiede temperature simili al 20 per cento di quella della superficie solare. La loro sostenibilità ambientale dipende dalla gestione energetica, chimica, dei materiali, dell’acqua e dei rifiuti della fabbrica in cui vengono prodotti. Non è inoltre possibile fare un paragone generale e semplicistico con quelli di origine naturale. Ciascuna categoria ha una propria gamma di processi produttivi, posizioni geografiche, fonti energetiche, capacità di produzione e pratiche. Esistono dati limitati sulla trasparenza delle emissioni di carbonio dei diamanti coltivati in laboratorio».
Come si intende educare il pubblico sulla differenza tra diamanti naturali e sintetici, evidenziando i benefici ambientali dei primi?
«La differenza tra i diamanti naturali e quelli sintetici non è il loro impatto ambientale, ma in realtà è costituita dalla provenienza, la rarità, il simbolismo, la proposta di valore e il prezzo. I naturali si formano dal calore e dalla pressione della Terra, da 1 a 3 miliardi di anni fa, rendendoli una delle cose più antiche attualmente esistenti. La scarsità della loro creazione si aggiunge alla loro mistica, poiché l’intero recupero globale di diamanti naturali, di peso pari o superiore a 1 carato, riempirebbe solo una palla da ginnastica. Questa quantità limitata sottolinea la loro natura finita, rendendone ognuno un prodotto davvero eccezionale e prezioso. Tali caratteristiche fanno sì che il valore intrinseco dei diamanti naturali sia ineguagliabile: sono il simbolo supremo di amore, potere, celebrazione, spesso diventano per secoli un cimelio di famiglia. I diamanti coltivati in laboratorio sono il risultato dell’ingegno e della tecnologia umana, essendo creati utilizzando macchinari ed energia per forzare il carbonio a cristallizzarsi in appena un paio di settimane. Sono prodotti in quantità potenzialmente illimitate, la stragrande maggioranza arriva da Cina e India. Pur condividendo proprietà fisiche e ottiche, il rapido processo di crescita dei diamanti coltivati li rende facilmente identificabili adoperando una macchina professionale. I consumatori possono leggere sul nostro sito tutte le informazioni di cui hanno bisogno per comprendere meglio le differenze: “The Difference Between Natural & Lab Grown Diamonds – Only Natural Diamonds”».
Può condividere alcune iniziative specifiche del NDC per promuovere il valore socio-economico dei diamanti naturali?
«Nonostante la trasformazione e la riforma avvenute nel settore negli ultimi decenni, molti miti continuano a persistere. Sfortunatamente, questi malintesi minano la fiducia e, a lungo termine, possono essere dannosi, non solo per l’industria ma soprattutto per coloro che dipendono maggiormente dall’impatto positivo dei diamanti naturali: le comunità da cui provengono. Questo è il motivo per cui il Natural Diamond Council ha lanciato il nuovo rapporto “Diamond Facts” in cui si propone di affrontare la piaga della disinformazione. Utilizzando la ricerca secondaria, lo studio contiene un’analisi approfondita basata sulle fonti più affidabili del comparto. L’assetto industriale dei naturali sostiene oltre 10 milioni di mezzi di sussistenza in tutto il mondo e resta al centro di tutto ciò che facciamo. Fino all’80 per cento del valore del diamante grezzo rimane nelle comunità locali sotto forma di acquisti territoriali, benefici occupazionali, programmi sociali, investimenti in infrastrutture, nonché tasse, royalties e dividendi pagati dall’apparato imprenditoriale ai rispettivi governi. Ad esempio, in Canada, il sistema di riferimento dei diamanti naturali contribuisce al 24 per cento del PIL totale nei territori del Nordovest e, dal 1996, 17 miliardi di dollari sono andati alle imprese (NWT), 7,5 miliardi di dollari a quelle di proprietà indigena (NWT). In Botswana, nel continente africano, i diamanti rappresentavano il 33 per cento del PIL nel 2021. A livello globale, si sta anche perseguendo la protezione e il ripristino della biodiversità, coprendo un’area pari a 4 volte la terra utilizzata, equivalente alle dimensioni di Parigi, Londra e New York messe insieme».
In che modo la sua esperienza come Direttore delle Relazioni esterne supporta gli sforzi del NDC nel dialogo con la stampa internazionale per contrastare la disinformazione?
«Sono incredibilmente fortunata perché, nel mio lavoro, mi occupo della comunicazione sui nostri impegni di sostenibilità, oltre a contribuire a mantenere e promuovere l’integrità settoriale. Inoltre, mi interesso delle questioni relative alla tutela dei consumatori, inclusi la promozione della terminologia dei diamanti su scala mondiale e un marketing equo nei confronti degli acquirenti».
Quali sono i principali valori che desidera trasmettere alle diverse nazioni europee e alle nuove generazioni?
«I diamanti naturali sono la pietra più versatile e ricercata nei gioielli che si scelgono per esprimere sé stessi o per celebrare momenti chiave della propria vita – grandi o piccoli – così come delle persone più care. Oggi vengono offerti da un settore altamente regolamentato in cui esiste un impegno profondo e dimostrabile per la massima cura, abilità e umanità nell’approvvigionamento etico e nel viaggio del diamante stesso. L’impatto positivo si vede nel beneficio degli abitanti provenienti dalle regioni d’origine dei minerali come l’Africa meridionale, il Canada e l’Australia, nonché nella salvaguardia delle specie e degli ecosistemi vulnerabili attraverso programmi di biodiversità e conservazione».
Come il NDC collabora con i vari attori per garantire un messaggio unificato su sostenibilità e autenticità?
«L’industria della gioielleria ha grandi sostenitori dell’integrità, degli standard e delle linee guida che garantiscono un’azione responsabile. Questi includono la World Federation of Jewellery (CIBJO), il Responsible Jewellery Council (RJC, che stabilisce standard e fornisce certificazioni controllate da terze parti) e il World Diamond Council (WDC, che rappresenta l’industria al Kimberley Process)».
Le difficoltà più significative nel cambiare la percezione degli stakeholder considerando l’incremento delle pietre industriali?
«Alcuni studi dimostrano che i consumatori apprezzano il valore duraturo e l’autenticità dei diamanti naturali, il nostro impegno è garantire che i gioielli soddisfino i gusti mutevoli dei clienti e rimangano culturalmente rilevanti. Spesso si trovano di fronte ad un’acuta disinformazione associata alla mancanza di dati verificabili per quanto riguarda le pietre sintetiche. Se le informazioni vengono fornite in modo accurato, possono prendere una decisione giusta. I sintetici non rappresentano una minaccia per il mercato dei naturali, entrambi possono stare comodamente gli uni accanto agli altri come prodotti separati. Sono la mancanza di una verifica obbligatoria, le vendite fraudolente che spacciano le pietre sintetiche come diamanti naturali e la terminologia errata (basata sulla norma ISO 18 626, i termini corretti per le pietre lavorate sono: diamanti sintetici, diamanti coltivati in laboratorio e diamanti creati in laboratorio) che diventano dannose per i due mercati».
Le modalità con cui l’organizzazione, per rafforzare la sua posizione in termini green, risponde alle critiche ecologiste sulla produzione?
«Oltre alla campagna “Diamond Facts”, ci assicuriamo che i nostri membri NDC comunichino in modo trasparente il loro lavoro mediante rapporti annuali sull’impatto sottoposti a verifica. Ci impegniamo ad illustrare i fatti reali ai consumatori in maniera facilmente comprensibile. In un’epoca in cui sono più curiosi e illuminati che mai, desiderano conoscere i valori e le pratiche commerciali responsabili delle aziende e, quindi, dell’universo più ampio da cui acquistano».
Quali strategie di comunicazione sono state adottate per raggiungere una platea di interesse più vasta?
«Abbiamo lanciato alcune campagne di comunicazione tra cui il rapporto “Diamond Facts” e “Thank you, By the way”, progetto di sensibilizzazione pubblica per mostrare ai consumatori come, scegliendo un diamante naturale, si avrà un impatto sulla vita di milioni di persone e sugli ecosistemi vulnerabili in tutto il pianeta. Abbiamo anche invitato la nostra ambasciatrice mondiale Lily James a visitare il Botswana per rilevare in prima persona gli effetti in loco, diffondendo tutte le notizie online. Oltre alle campagne pubblicitarie negli Stati Uniti, in Cina, India, Francia ed Emirati Arabi Uniti, vantiamo una presenza capillare e molto forte in rete dove condividiamo analisi, ricerche e approfondimenti con gli stakeholder. I nostri social media attirano 6,6 milioni di impressioni ogni giorno con 100mila interazioni giornaliere, 1,3 milioni di visualizzazioni video quotidiane e oltre 130 milioni di visitatori unici sul nostro sito web».