L’uscita della Russia si fa più complicata del previsto. E le regole fissate dalla BCE, di certo, non aiutano. Per queste ragioni, Unicredit ha chiesto al Tribunale Ue di sospendere la decisione della Banca centrale europea di ridurre le sue attività in Russia per avere così dalla stessa Corte “certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni” nel processo di uscita dal Paese.
La notizia conferma dunque come la questione russa resti un problema per le banche europee. Non solo per le perdite accumulate dopo l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni occidentali contro Mosca, ma anche perché uscire completamente dalle attività consolidate negli anni appare più complesso di quanto gli obblighi prevedare.
Esposizione in calo, ma c’è bisogno di tempo
A due anni dall’invasione dell’Ucraina lanciata da parte del Cremlino, l’istituto è ancora presente nel Paese, benché stia progressivamente alleggerendo la sua esposizione. A inizio maggio, il numero uno Andrea Orcel aveva spiegato come “l’esposizione cross border è scesa del 91% e la presenza locale del 67%” e che “la strategia è di continuare a farlo in modo ordinato e accelerato”. Numeri confermati dal gruppo nel ricorso al Tribunale, dove si annunciano “ulteriori sostanziali riduzioni”, “in linea con gli impegni del piano di azioni”.
Tuttavia, nei mesi scorsi, anche con l’inasprirsi delle sanzioni occidentali a Mosca, la Bce ha aumentato la pressione sulle banche europee con filiali nel Paese, fra i quali l’austriaca Raiffeisen e Unicredit.
Ma l’operazione non appare affatto semplice. Questo anche per via dei numerosi ostacoli posti dal governo di Mosca, che hanno reso il processo complesso anche per “la mancanza di un quadro normativo univoco applicabile allo scenario attuale”.
Va ricordato, a questo proposito, che e banche europee ancora attive in Russia hanno dovuto affrontare anche le pressioni degli Stati Uniti. A maggio, il Segretario del Tesoro Janet Yellen ha dichiarato alla Reuters che gli istituti di credito si trovavano di fronte a “un rischio enorme” e che Washington stava valutando l’opportunità di inasprire le sanzioni secondarie nei confronti delle banche che si erano rese protagoniste di transazioni a favore dello sforzo bellico della Russia.
Tutto questo senza contare, poi, che per via delle restrizioni imposte da Mosca, l’uscita è ora subordinata all’approvazione del Presidente Vladimir Putin e al via libera della banca centrale russa. A sottolineare le difficoltà, un’altra banca italiana, Intesa Sanpaolo, che – come ricorda l’agenzia Reuters – deve ancora finalizzare la sua uscita, nonostante abbia ottenuto il decreto presidenziale che la autorizza a cedere le sue attività russe.
Le richieste di Unicredit
La banca guidata da Orcel ha dunque scelto di rivolgersi al Tribunale dell’Unione europea per chiarire i termini delle richieste avanzate dalla Banca centrale europea, che nel frattempo continua nel pressing su Piazza Gae Aulenti e sugli altri istituti presenti nel Paese affinché ci sia una ulteriore riduzione dei rischi legati alle attività sul mercato russo.
Il gruppo, che ha annunciato l’azzeramento dell’esposizione in Russia entro i prossimi 12-15 mesi, si dice d’accordo con Francoforte nella riduzione dei rischi ma appunto manifesta ” preoccupazioni circa le modalità di attuazione”, “che vanno oltre l’attuale quadro normativo di riferimento”.
Secondo l’istituto guidato dall’a.d. Andrea Orcel, infatti,
“le circostanze senza precedenti e la complessità del contesto socioeconomico e geo-politico, la mancanza ad oggi di un quadro normativo univoco applicabile allo scenario attuale, e le possibili gravi conseguenze derivanti dall’attuazione della decisione che ha impatto non solo sulle attività in Russia ma anche su UniCredit, impongono che il consiglio di amministrazione di UniCredit ottenga certezza e chiarezza sugli obblighi e sulle azioni da intraprendere”.
Sulla stessa linea della banca italiana è il ministro degli esteri Antonio Tajani :
“Condivido i contenuti del ricorso Unicredit alla giustizia Ue. La Bce deve tenere conto della situazione nella quale operano le aziende italiane in Russia nel rispetto delle sanzioni Ue. Decisioni affrettate rischiano solo di danneggiare imprese italiane e dell’Ue. È quindi bene avere un quadro normativo certo”.
Cosa succede ora
Come confermato dalla stessa banca nella nota, in cui annuncia il ricorso “la conclusione del procedimento potrebbe richiedere diversi mesi”. In attesa del giudizio l’istituto di credito italiano “ha chiesto la sospensione provvisoria della decisione della Bce”, anche se “resta comunque impegnata ad attuare il proprio piano per una riduzione significativa della propria presenza in Russia, nel rispetto del contesto normativo, regolatorio e sanzionatorio”. UniCredit rimane inoltre “impegnata a mantenere un dialogo attivo e aperto al riguardo con Bce”.
Commentando la notizia, Nicolas Veron del think tank Bruegel di Bruxelles ha detto alla Reuters:
“Per chiunque creda che la resistenza dell’Ucraina contro la Russia sia importante per la sicurezza dell’Europa, il fatto che UniCredit sia rimasta in Russia, abbia realizzato profitti e ora stia facendo causa alla BCE per i suoi tentativi di farla uscire, non promette nulla di buono”.