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Recovery Fund: le condizionalità ci sono, ma sono diverse dal passato

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Il Resilience Facility, il pilastro fondamentale del piano di rilancio presentato ieri dalla Commissione europea non poteva che prevedere, date le sue inedite ambizioni una serie di condizionalità. Quest’ultimo concetto è legato, tradizionalmente, ai prestiti internazionali da parte di istituzioni come il Fondo monetario internazionale, che di norma interviene in soccorso di un’economia in difficoltà a patto che vengano adottate misure in vario modo deflazionistiche. Queste ultime, infatti, sono state per lungo tempo ritenute necessarie a ristabilire la stabilità finanziaria nei Paesi colpiti da crisi valutarie o crisi del debito. In passato, anche l’Unione Europea si è mossa in questa prospettiva, ponendo l’accento sulla sostenibilità del debito e su politiche macroeconomiche che non eccedessero nel disavanzo.

Le condizionalità prospettate nella proposta di Resilience Facility, tuttavia, sembrano gravitare su concetti un po’ diversi rispetto a quelli sopra elencati. A entrare nel merito è stato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, da sempre ritenuto uno dei “falchi” in seno all’attuale esecutivo Ue. Nel corso della conferenza stampa di giovedì, va riconosciuto, Dombrovskis si è astenuto dall’evocare i termini riconducibili all’austerità, come la sostenibilità del debito o la prudenza di bilancio. A essere premessa dell’erogazione dei fondi del Resilience Facility sarebbero, sì, delle riforme – ma non sono previsti nuovi lacci alla politica fiscale:

“In primo luogo, gli Stati membri che desiderano beneficiare di questo strumento dovranno preparare piani di ripresa e resilienza. Possono farlo ogni anno ad aprile attraverso i loro piani nazionali di riforma, o prima, nell’ottobre dell’anno precedente con i loro progetti di bilancio. Tali piani saranno quindi valutati dalla Commissione europea. Nel presentare il suo piano nazionale, ogni paese dovrà spiegare come esso contribuisca a raggiungere le priorità individuate nel semestre europeo. Ciò garantirà che le spese siano ben mirate e utilizzate. Significa anche che le priorità a livello di UE si traducono in risultati sul campo in ciascun paese”, ha dichiarato Dombrovskis.

Il vicepresidente della Commissione Ue è poi entrato nel dettaglio dei piani di riforma che l’esecutivo europeo si aspetta di ricevere dagli stati: essi dovranno “a seconda della situazione specifica di ciascun paese… modernizzare le economie: renderle più agili, più dinamiche, più ecologiche e più digitali. E migliorare la produttività e l’ambiente aziendale. Le riforme dovrebbero inoltre affrontare le gravi conseguenze sociali della crisi, investendo nell’istruzione e nelle competenze delle persone, per migliorare la ricerca e l’innovazione, al fine di promuovere l’occupazione e l’inclusione sociale. La Commissione valuterà inoltre la coerenza con i piani nazionali per l’energia e il clima, i giusti piani di transizione e gli accordi di partenariato e i programmi operativi adottati nell’ambito dei fondi dell’Unione”.

Lo stato propone le riforme, la Commissione decide se sbloccare i fondi

In merito alle condizionalità del Recovery Fund si è espresso anche il commissario agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, mettendo in chiaro che: “l’obiettivo è quello di aiutare i nostri Stati membri a diventare più resilienti nel senso più ampio. Voglio essere molto chiaro: non si tratta di condizionalità e di intrusione da parte di Bruxelles”.
Saranno quindi gli “Stati membri ad assumersi la responsabilità di rafforzare la propria crescita e il tessuto sociale e renderlo coerente con le nostre priorità, in primo luogo le transizioni verdi e digitali”, ha aggiunto Gentiloni, “naturalmente, la sovvenzione è collegata alla corretta attuazione delle politiche”.

La Commissione europea, nel farsi giudice dei piani di riforma presentati dai Paesi che intendono accedere alla Resilence Facility, valuterà due aspetti cruciali. Il primo: “se tali piani contribuiscano a rafforzare la crescita potenziale, la resilienza e a incrementare la coesione”. Il secondo: “se saranno presenti misure che contribuiscano a indirizzare la transizione green e digitale”.

Benché spetti agli Stati membri assumersi la responsabilità e la “paternità politica” delle riforme proposte, il potere della Commissione Ue sarebbe comunque molto grande: soltanto se verranno avanzate riforme ritenute “presentabili” si potrebbe sperare di ricevere il placet della Commissione e, dunque, il trasferimento (o prestito) del Resilience Facility.