Recovery Fund, Merkel: accordo franco-tedesco può cambiare solo in senso restrittivo
Un Recovery Fund composto da 500 miliardi di euro, di cui 100 potrebbero essere assegnati all’Italia sotto forma di trasferimenti? Se fosse veramente realizzato nella forma delineata dal compromesso raggiunto fra Francia e Germania il Fondo per la ripresa post-pandemia sarebbe un grosso affare per Roma.
Purtroppo, però, le possibilità che tutti gli stati membri convergano all’unanimità su questa proposta sono estremamente basse. Lo avrebbe confermato martedì scorso la stessa cancelliera tedesca, Angela Merkel, in una telefonata al premier Giuseppe Conte.
I 500 miliardi di dotazione “a fondo perduto” sono la cifra massima cui si possa aspirare, e il rischio è che essa vada a ridursi. E’ quanto riferisce Ilario Lombardo su La Stampa.
Il presidente Conte aveva definito il compromesso fra Germania e Francia come una “base di partenza” sopra la quale definire nel dettaglio il Recovery Fund. La frase non deve, però, alimentare illusioni: l’Italia e gli altri Paesi mediterranei non potranno tirare la corda più di quanto non abbia già fatto, per loro conto, il presidente francese Macron.
Che il compromesso franco-tedesco sia particolarmente vantaggioso per l’Italia, tuttavia, non può essere pubblicamente affermato: il negoziato con i Paesi del Nord richiederà una certa dose di tatticismi, per evitare che il compromesso finale riduca gli aiuti concordati fra Germania e Francia in misura consistente.
Il veto dei Paesi del Nord Europa
Dall’altra parte della barricata, Austria, Olanda, Svezia e Danimarca (i “quattro frugali”) starebbero preparando una controproposta al piano franco-tedesco. Ad ispirare i leader dei quattro Paesi sono due principi: insistere su un Fondo che agisca tramite prestiti, non trasferimenti, e che preveda stringenti condizionalità per i beneficiari. Su quest’ultimo punto ha parlato in modo chiaro il premier olandese, Mark Rutte: “Se si richiede un aiuto è necessario attuare riforme di vasta portata in modo da poter essere autosufficienti la prossima volta”. In principio, dunque, è la stessa logica applicata dal Fondo Salva-stati (Mes) conosciuto prima della pandemia: prestiti a tassi vantaggiosi, in cambio di riforme.
Come avevamo sottolineato in un precedente articolo, il Recovery Fund difficilmente sarà approvato senza condizionalità: il cuore del negoziato fra i Paesi, una volta stabilito il budget del fondo, sarà la definizione delle “contropartite” necessarie per accedere agli aiuti.
Se il Recovery Fund dovesse privilegiare i prestiti la conseguenza indesiderata per i Paesi ad elevato debito è che il valore dell’aiuto si limiterebbe a un risparmio sui tassi d’interesse.
Ma, ogni prestito, per quanto agevolato, crea pur sempre nuovo debito che finisce col frenare investimenti e potenziale di crescita. Secondo quanto riporta La Stampa, Palazzo Chigi si aspetta che il compromesso finale sul Recovery Fund potrà essere trovato mettendo in conto 300 miliardi di sussidi e 400 miliardi sotto forma di prestiti.