Quello che si è appena concluso è stato il vertice europeo più lungo della storia. Alla fine i leader europei dopo 4 giorni di negoziati hanno trovato un accordo per dare vita al Recovery fund, il piano di aiuti economici per superare la crisi dettata dall’emergenza coronavirus.
I nodi più duri da superare sono stati quelli relativi all’ammontare complessivo del piano di aiuti, diviso tra prestiti da rimborsare e a fondo perduto e la governance che regola la destinazione dei fondi.
Il Recovery Fund ha una dotazione di 750 miliardi di euro, suddiviso in 390 miliardi di sovvenzioni e 360 miliardi di prestiti per i Paesi colpiti dalla crisi. Un ammontare inferiore rispetto alle ambizioni del pacchetto da 500 miliardi di euro ispirato dalla proposta di Francia e Germania a maggio e poi avallato dalla Commissione europea.
All’Italia spetteranno circa 209 miliardi, 82 di sussidi e 127 di prestiti, confermandosi come prima beneficiaria del Fondo davanti alla Spagna. Le risorse degli Eurobond verranno erogate a partire dal secondo trimestre del 2021, ma i leader europei hanno deciso che potranno essere usati retroattivamente anche per coprire le misure prese dal febbraio 2020, purché compatibili con gli obiettivi del Recovery fund.
Ora spetta al premier Conte presentare un piano dettagliato su come verranno utilizzate queste risorse e di riforme per rimettere in moto l’economia italiana che, secondo le ultime stime del Fmi, nel 2020 dovrebbe registrare una pesante frenata nell’ordine del 12,8%.
A questo punto la Commissione avrà due mesi di tempo per valutarlo in base al tasso di rispetto di politiche verdi, digitali e delle raccomandazioni Ue 2019-2020. Secondo quanto emerso da questi giorni di vertice all’Italia sono state chieste importanti riforme nel campo di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità.