Mentre mancano poco più di due settimana alla presentazione a Bruxelles del Recovery plan (la data è fissata al 30 aprile ndr), iniziano a delinearsi i dettagli sulla governance del piano da 200 miliardi.
Quello che emerge, dalle prime indicazioni, è un sistema di gestione dove la regia politica andrà a un comitato di ministri riunito attorno a Mario Draghi. E il pieno mandato per l’attuazione del piano sarà attribuito al ministero del Tesoro. Una strada simile a quella adottata in Francia. E che si differenzia da quella dell’ex premier Conte.
Come spiega un articolo della Stampa:
Se Conte avrebbe voluto attorno a sé solo due ministri (Gualtieri e l’allora ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli), il comitato dei ministri di Draghi sarà più largo. Dovrebbe essere composto da sei persone, quelle maggiormente coinvolte nelle «missioni» del piano: Daniele Franco (Tesoro), Roberto Cingolani (Transizione ecologica), Vittorio Colao (Digitalizzazione), Enrico Giovannini (Infrastrutture), Maria Cristina Messa (Ricerca), Roberto Speranza (Sanità).
Recovery plan: interlocutore unico con la Commissione europea
Per Draghi, dunque, quello che che conta – spiega il quotidiano torinese – è aver affidato al Tesoro il ruolo di interlocutore unico con la Commissione europea e gli uffici che ogni sei mesi chiederanno conto dello stato di avanzamento di questa o quella spesa.
“Per evitare un flop epico, Draghi e il ministro dell’economia Franco hanno pensato ad una struttura di coordinamento che sarà gestita direttamente dalla Ragioneria generale dello Stato. La stessa Ragioneria si farà promotrice di «task force» con le quali darà assistenza tecnica ai Comuni e alle Regioni nella realizzazione di questa o quell’opera”.
Per quanto riguarda il contenuto del Recovery plan, in un intervento alla Camera, di un paio di settimane fa, il ministro Franco ha fatto capire che ci sarà una scrematura ma
“i progetti che non saranno inclusi nel piano non saranno necessariamente accantonati: non solo esistono gli altri strumenti nazionali ed europei ma stiamo anche valutando se istituire una linea di finanziamento ad hoc, complementare al Pnrr che includa i progetti che pur meritevoli per spirito e finalità ne siano esclusi perché non soddisfano alcuni criteri più stringenti”.
Non resta che aspettare il 26 e il 27 aprile, quando il presidente del consiglio spiegherà nel dettaglio al Parlamento le settecento pagine che valgono il più importante progetto di investimenti pubblici dai tempi del piano Marshall e la sua credibilità come primo ministro.