Per rispondere alla crisi economica indotta dalla pandemia da coronavirus l’Unione Europea ha predisposto il piano Next Generation EU (NGEU) o recovery plan, un programma di portata e ambizione senza precedenti nella storia (750 miliardi, pari al 5,5% del PIL 2020, dei quali oltre la metà, 390 miliardi di euro, costituita da sovvenzioni), che prevede investimenti e riforme per accelerare soprattutto la transizione ecologica e digitale. Inoltre, a livello europeo, il Patto di Stabilità e Crescita è stato per il momento sospeso e rimandato al 2023.
Secondo gli analisti di Equita Sim per l’Italia il NGEU rappresenta un’opportunità unica di sviluppo, investimenti e riforme, e può rappresentare l’occasione per accelerare un percorso di crescita sostenibile rimuovendo gli ostacoli che hanno bloccato la crescita italiana degli ultimi decenni.
Recovery plan italiano vale l’11% del Pil in 6 anni
Il recovery plan messo a punto dal premier Mario Draghi è stato approvato dalla Commissione Europea. Da Equita Sim evidenziano che l’Italia è la prima beneficiaria, in valore assoluto del NGEU: il solo RFF (Recovery and Resilience Fund) garantisce risorse per 191.5 miliardi da impiegare nel periodo 2021-26 (delle quali 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto e € 122,6 miliardi in prestiti) o il 9.5% circa del Pil.
Oltre al RFF, il Governo ha allocato ulteriori 30 miliardi (1,5% del Pil) attraverso uno scostamento di bilancio addizionale (per il finanziamento di progetti più complessi il cui completamento è previsto dopo il 2026). Prendendo in considerazione anche questa dotazione aggiuntiva, lo sforzo complessivo sale a ca. il 11% del Pil nominale.
Il Piano comprende un ambizioso progetto di riforme: PA, giustizia, fiscale, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza. Il Governo stima che nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il PIL sarà del 3.6% più alto rispetto all’andamento tendenziale.
Lo sforzo di rilancio dell’Italia delineato dal Piano di sviluppa intorno a 2 assi strategici condivisi a livello europeo: transizione ecologica (31% delle risorse complessive, circa 60/70 miliardi) e digitalizzazione/innovazione (21%, circa 40/50 miliardi), con il resto delle risorse divise nelle 4 grandi pilastri (infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute).
Nell’ipotesi in cui i fondi stanziati dall’UE dovessero essere utilizzati in maniera corretta, il Governo stima che nel 2026, l’anno di conclusione del Piano, il PIL sarà del +3,6% più alto rispetto all’andamento tendenziale (vs. +3% impatto previsto dal precedente piano Conte).
Il supporto al governo Draghi
Il governo presieduto da Mario Draghi, nato a gennaio 2021 dopo la crisi innescata da Matteo Renzi che lamentava un’azione di governo non sufficientemente incisiva da parte del governo Conte-bis, gode di una maggioranza molto ampia ma eterogenea. E’ stato votato infatti da 535 deputati su 630 e da 262 senatori su 320, con il supporto di quasi tutti i principali partiti politici ad eccezione di Fratelli d’Italia (destra) e di parte del M5S.
L’obiettivo del governo Draghi, come commentato nel discorso di insediamento, è di impostare un percorso di riforme strutturali e una governance atta a garantire l’esecuzione dei progetti inclusi nel PNRR in modo da rilanciare il Paese su un percorso di crescita strutturale che possa recuperare i ritardi accumulati negli ultimi 20 anni.
La difficoltà del compito del governo Draghi nasce, oltre che dagli ambiziosi obiettivi, da un orizzonte temporale di azione politica piuttosto limitato, legato ad alcuni appuntamenti cruciali come l’elezione del presidente della Repubblica a fine gennaio 2022 e la scadenza del mandato parlamentare a marzo 2023. Ricordiamo invece che da inizio agosto 2021 il parlamento entrerà nel cosiddetto semestre bianco (i 6 mesi precedenti l’elezione del Presidente della Repubblica), periodo durante il quale non è possibile indire nuove elezioni.
Al termine del semestre bianco lo scenario politico diventerà più complesso: la nomina di Draghi a presidente della Repubblica a gennaio 2022 offrirebbe garanzie istituzionali sugli impegni presi con l’Ue ma accorcerebbe l’azione di governo a pochi mesi, rendendo difficile anche solo l’impostazione delle principali riforme. La nomina di un diverso Presidente o la riconferma di Mattarella lascerebbe al governo un tempo maggiore (ma comunque limitato, fino a settembre 2023) per portare avanti le riforme e monitorare l’avvio dei progetti del PNRR, ma creerebbe incertezza sul possibile ruolo di Draghi dopo il rinnovo del parlamento.
Secondo Equita Sim lo scenario preferibile e più probabile ad oggi è quindi la conferma del Presidente Mattarella per un secondo mandato pro-tempore a gennaio 2022 e l’avvicendamento con Draghi dopo le elezioni politiche del 2023.
Primo pilastro: governance recovery plan e semplificazioni
Da Equita Sim evidenziano che la gestione del PNRR sarà articolata su tre livelli che assegnano:
i) le responsabilità di indirizzo del Piano alla Presidenza del CdM (con l’istituzione di una Cabina di regia e una Segreteria tecnica che supporta le sue attività la cui durata temporanea è superiore a quella del Governo e si protrae fino al completamento del PNRR entro il 31-dic-26);
ii) il monitoraggio e rendicontazione al Servizio Centrale per il PNRR (istituito presso il ministero dell’Economia);
iii) la realizzazione degli interventi ai singoli `soggetti attuatori`, prima di tutto ministeri, Regioni ed enti locali.
Il confronto e la circolazione delle informazioni saranno assicurati anche da un `Tavolo permanente` con parti sociali, enti territoriali e associazioni, oltre che dai rapporti semestrali al Parlamento e alla Conferenza Unificata e dalle relazioni annuali della Corte dei conti.
I poteri punteranno ad ogni modo sulla presidenza del Consiglio che potrà decidere commissariamenti in tempi strettissimi tutte le volte in cui `sia messo anche solo potenzialmente a rischio il conseguimento degli obiettivi intermedi e finali` del Piano.
Il DL recante la governance del PNRR e le prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di snellimento delle procedure prevede inoltre molteplici riforme volte ad accelerare e snellire l’iter di attuazione delle opere, su tutte quelle per il settore delle Rinnovabili, Costruzioni e Digitale.
L’approvazione entro maggio delle nuove norme in materia di governance del PNRR era una precondizione essenziale per l’erogazione della prima tranche dei fondi del NGEU.
La road-map a Bruxelles prevede che si parta con la prima emissione di bond da parte della Commissione Europea nelle prossime settimane così da poter inviare agli Stati Membri le prime risorse sotto forma di un anticipo pari a ca. il 13% del totale (25 miliardi per l’Italia probabilmente erogati già entro fine luglio).
Il confronto con Spagna, Francia e Germania
Gli analisti di Equita Sim hanno confrontato il Recovery Plan dell’Italia con quello degli altri tre principali paesi dell’area Euro con le granularità disponibili al momento. Le principali considerazioni dal confronto fanno riferimento a:
i) i dati dell‘Italia includono una richiesta di prestiti oltre che delle sovvenzioni, mentre i piani degli altri paesi includono principalmente l’uso di sovvenzioni (principalmente per il maggior vantaggio rispetto al costo del debito dall’uso di risorse da parte dell’Italia – es. il Recovery Plan potenziale complessivo della Spagna è fino a € 140 miliardi in sovvenzioni e prestiti, la “Francia” fino a € 100 bn),
ii) Italia e Spagna dovrebbero ricevere la quota maggiore di sovvenzioni, il doppio rispetto a Francia e Germania, arrivando rispettivamente al 4% e 6% del loro PIL;
iii) l’Italia è il paese che investirà di più (in valore assoluto) in Digitalizzazione (guardando solo ai fondi RFF 40 mld vs 24 mld Spagna, 12 mld Germania e 10 mld Francia) e Transizione Energetica.