Mentre il Governo Meloni si prepara a dare un taglio al reddito di cittadinanza, l’Istat calcola che, nel 2023, la riduzione della misura colpirà “circa 846 mila individui, vale a dire poco più di un beneficiario su cinque”.
Lo ha detto il presidente dell’Istituto nazionale di statistica, Gian Carlo Blangiardo, in audizione alla Camera sulla manovra di bilancio 2023, spiegando che se si considerano i soli beneficiari in età compresa fra 18 e 59 anni, il taglio riguarderà oltre un terzo di essi:
“Come atteso la decurtazione della durata coinvolgerebbe in prevalenza i nuclei familiari di ridotte dimensioni (in particolare coinvolge più della metà degli individui soli) e la componente maschile, e investirebbe quasi la metà dei beneficiari in età compresa fra 45 e 59 anni. La sottopopolazione soggetta a riduzione della durata comprende inoltre un terzo dei Neet fra 18 e 29 anni e si caratterizza per livelli di istruzione appena più elevati rispetto alla restante platea dei beneficiari appartenenti alla stessa classe d’età“.
La sforbiciata al reddito di cittadinanza arriverà in un anno particolarmente complesso sul fronte economico. Nel 2023, complice anche l’ingresso in recessione, il numero complessivo dei disoccupati nel 2023 sfiorerà quota di 2.118.000, con un aumento del tasso di disoccupazione all’8,4%. In termini assoluti, le situazioni più critiche si verificheranno nel Centro-Sud: ripartizione che già oggi presenta un livello di fragilità occupazionale molto preoccupante. Napoli, Roma, Caserta, Latina, Frosinone, Bari, Messina, Catania e Siracusa saranno le province che registreranno gli incrementi maggiori. A dirlo è l’Ufficio studi della Cgia sulla base di una elaborazione dei dati Istat e delle previsioni Prometeia, secondo cui “il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte”.
Come sottolinea l’analisi della Cgia, sebbene non sia per nulla facile stabilire in questo momento i settori che nel 2023 saranno maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, pare comunque di capire che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire dei contraccolpi occupazionali, mentre le imprese più attive nei mercati globali tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, nei macchinari, nell’alimentare-bevande e nell’alta moda saranno meno esposte.
Non solo, stando al sentiment di molti esperti e di altrettanti imprenditori, altre difficoltà interesseranno i trasporti, la filiera automobilistica e l’edilizia, quest’ultima penalizzata dalla modifica legislativa relativa al Superbonus.