ROMA (WSI) – Ipotizzando che al referendum costituzionale del 4 dicembre vincano i no, Deutsche Bank non dovrebbe subire gravi conseguenze, mentre a rischiare sarebbe Mps, per via della sua composizione azionaria e del suo legame a doppio filo con le vicende di politica italiana. Sulla banca tedesca il discorso è diverso. Da qualche giorno il mercato scommette su una “riduzione della pena” da parte della Giustizia Usa a Deutsche Bank.
La crisi di fiducia resta senza precedenti ed è anche giustificata (6,7 miliardi di perdite). Ma, proprio perché il rischio di crisi sistemica non si può escludere del tutto (Deutsche Bank è too big to fail: i suoi attivi sono pari a metà del Pil tedesco e a livello di ripartizione azionaria l’81% è in mano ad altri istituti, il 22% fa capo all’Ue e il 15% agli Usa), si pensa che non il governo Merkel ma qualcun altro esterno in qualche modo interverrà.
Magari sarà un piano di rafforzamento del capitale che coinvolga i privati a salvare il primo istituto di credito tedesco. Il Qatar si è già fatto avanti e infatti da quel momento i titoli hanno iniziato la risalita. Non la lasceranno mai fallire, sarebbe la fine dell’Europa economica. Non la salveranno nemmeno mai con i soldi pubblici, però, perché sarebbe la fine dell’Europa politica.
In sintesi un aggravarsi della crisi del settore bancario italiano, ingigantirebbe di riflesso anche la crisi di fiducia anche di Deutsche Bank, ma – consapevoli dei grandi rischi – troverebbero un modo per metterla al sicuro. A non essere al sicuro sono i correntisti e obbligazionisti della banca, nel caso in cui scatti un piano di
bail-in, evenienza che non si può escludere visto che sono le norme vigenti.
Quanto a Mps, la banca in grave crisi patrimoniale rischia grosso in caso di sconfitta dei No. Il neo Ad Marco Morelli è stato scelto dal primo azionista della banca senese, il Tesoro, che al momento è l’unico che ci mette la faccia. Se ci fosse un cambio di governo – in caso di vittoria dei No al referendum – cambierebbe l’azionista della banca e anche il manager potrebbe saltare. Per via della crescente instabilità politica faranno fatica a trovare capitali stranieri sufficienti per l’aumento di capitale da 5 miliardi e lo smaltimento di crediti deteriorati. Mps gestita da un dirigente che dipende dai giudizi della Vigilanza ed eventuali ricorsi di azionisti contro la sua nomina non è proprio l’amministratore delegato ideale per navigare in acque tempestose.
Non pensiamo dunque che il voto del referendum porti a un
contagio nel settore bancario, ma che metta in crisi più che altro Mps e le banche italiane con i patrimoni più fragili. Le difficoltà per Deutsche Bank sono più legate a fattori interni che esterni. E non sono veramente i derivati a fare paura, malgrado le cifre astronomiche (esposizione a una somma pari a 13 volte il Pil tedesco), i livelli di rischio effettivi della banca in ambito di investimenti sono paragonabili a quelli di altre banche d’affari del mondo.