Altro che panico e nervosismo. Secondo gli analisti di M&G in caso di vittoria del fronte del No al referendum costituzionale, data quasi per certa dagli ultimi sondaggi, l’impatto del referendum sui prezzi degli asset italiani sarà tale da creare un’opportunità di acquisto a prezzi bassi di quello che viene definito “uno dei mercati finanziari più convenienti del mondo”.
Le valutazioni degli asset italiani sono ritenute molto convenienti da M&G e di conseguenza, in caso “di interpretazioni alterate delle implicazioni del referendum” e reazione esageratamente negativa in stile Brexit, e anche “se questa situazione si acuisse con l’approssimarsi del voto”, allora il voto del 4 dicembre “potrebbe offrire un’opportunità agli investitori”.
Una delle uniche cose da dare per scontata è l’acuirsi della volatilità. L’instabilità politica in Italia non è una novità e bisogna ragionare in uno scenario di lungo periodo. “Guardando avanti – dice M&G in una nota – le diverse prospettive sul referendum italiano potrebbero provocare una volatilità di mercato dopo il risultato di inizio dicembre”.
Se l’Italia votasse “Sì”, i vari possibili esiti ci sembrano troppi per aiutarci a capire come una tale decisione potrebbe incidere sui fondamentali economici. Tuttavia, se l’Italia votasse contro la riforma costituzionale, secondo M&G, si scatenerebbe un’elevata volatilità e vendite sui mercati italiani, offrendo ghiotte “opportunità di investimento, nel caso in cui gli investitori interpretassero il voto nell’ottica Brexit”.
“Non siamo molto convinti che le implicazioni di lungo periodo di una simile decisione sarebbero tanto estreme quanto suggerito dagli attuali commenti. Da un punto di vista degli investimenti, la realtà è che, nonostante la spiacevole situazione delle banche italiane, il contesto economico sta lentamente migliorando e le valutazioni sono allettanti“.
Il consiglio degli strategist è sempre quello di valutare l’atteggiamento del mercato nei confronti dell’Italia prima di agire. Il report affronta anche il tema caldo del balzo dei tassi dei Btp visto ultimamente, accompagnato da un ampliamento dello Spread con i Bonos spagnoli e i Bund tedeschi.
“Per ora, è difficile stabilire fino a che punto il referendum stia avendo un impatto sui prezzi degli asset, in quanto ci sono in gioco diverse dinamiche. I titoli di Stato italiani hanno sottoperformato le loro controparti spagnole, ma solo modestamente e principalmente per via della performance brillante della Spagna. Per lo più, entrambi questi titoli hanno rispecchiato il comportamento di altri titoli di Stato globali”.
Nel frattempo anche il mercato azionario italiano ha fatto peggio della Borsa spagnola, tuttavia Maria Municchi, team multi-asset di M&G Investments, sottolinea che l’andamento è dovuto a tutta una serie di fattori, alcuni dei quali riguardanti la Spagna e non l’Italia: “l’impatto dei problemi specifici del settore bancario italiano è in questo caso significativo”, così come però lo è anche “l’esposizione della Spagna alle economie del Sud America, che hanno beneficiato dei fondamentali in recupero di recente”.
Il caso Italia non è paragonabile alla Brexit
Anche nel caso in cui scoppi una crisi politica, l’esempio italiano non è associabile per gravità a quanto successo dopo il voto sulla Brexit. Chi teme l’instabilità politica in Italia non si è accorto che sono 70 anni che l’Italia non ha mai avuto un governo veramente forte e ha visto alternarsi 27 primi ministri. Dalla nascita della Repubblica e dalla stesura della costituzione, solo una volta, con l’amministrazione Berlusconi II, l’esecutivo ha portato a termine il suo mandato di cinque anni.
“Estrapolare dalla Brexit il potenziale risultato del referendum italiano rappresenta un buon esempio del cosiddetto “bias di disponibilità” (ovvero prevedere che qualcosa possa succedere solo perché un evento analogo, spesso accaduto nel passato recente, ci affiora alla mente) e potrebbe condurre alle conclusioni sbagliate”, dice Municchi nel report.
Se da un lato “la Brexit mette indubbiamente in luce il fatto che l’austerità abbia alimentato un’atmosfera anti-establishment a livello mondiale, dall’altro “differisce comunque in modo piuttosto sostanziale” dal referendum che si terrà in Italia tra una settimana e mezzo. “Non solo la Gran Bretagna e l’Italia sono due paesi culturalmente ben distinti, ma tali referendum riguardano modifiche non paragonabili ai loro sistemi politici”.
Inoltre non è vero come temono alcuni dall’esterno che “un rifiuto della riforma costituzionale potrebbe provocare livelli nuovi e senza precedenti di instabilità politica”. L’Italia ha alle spalle 63 governi in 70 anni: “un rifiuto delle riforme proposte significherebbe semplicemente che le cose continuerebbero lungo lo stesso percorso di instabilità“. Cadrebbero le speranze di chi pensava che Matteo Renzi godesse del sostegno politico e della popolarità sufficiente per cambiare il paese.
Tuttavia non è affatto detto, secondo M&G, che l’impatto economico e sui mercati finanziari sia così disastroso come vogliono fare credere alcuni commentatori “(Forbes e il Financial Times hanno per esempio scritto che la bocciatura del referendum e le dimissioni di Renzi potrebbero portare alla morte dell’euro, ma in realtà perché questo si verifichi bisognerebbe che il M5S venisse eletto, che riuscisse come promette a indire un referendum per chiedere ai cittadini cosa ne pensano dell’euro e poi che facesse effettivamente uscire l’Italia dal blocco della moneta unica).
“Un sistema politico più snello e centralizzato potrebbe potenzialmente sostenere la crescita futura, ma la storia ci dice che politica ed economia non sempre vanno a braccetto“.