Se al prossimo referendum costituzionale dovessero vincere i No, l’Italia rischia di essere declassata da Moody’s. Con il suo ultimo report sul nostro paese, l’agenzia di rating lascia intendere che spera che vincano i si, dal momento che le speranze di ulteriori riforme strutturali, necessarie per rilanciare la crescita e migliorare la qualità del credito sovrano, dipendono dal voto che si terrà tra meno di un mese.
Nel confermare un outlook stabile per il nostro paese, Moody’s ha sottolineato come però questi progressi siano legati in maniera molto stretta all’esito del voto popolare del 4 dicembre.
“Le prospettive per ulteriori riforme dipenderanno dal risultato del referendum costituzionale in programma a dicembre”.
Secondo Moody’s le attività economiche della terza potenza dell’area euro restano bloccate da “ostacoli amministrativi e il costo del lavoro è cresciuto più della produttività , schiacciando i margini di profitto e contribuendo ai bassi investimenti”.
Moody’s prevede inoltre che il debito pubblico raggiungerà un picco nel 2016-17 al 133% del Pil, per poi stabilizzarsi prima di iniziare “a scendere lentamente nel 2018″. Un’ulteriore fonte di rischio è rappresentata dal settore creditizio, a causa della grandezza delle banche e dalla debole qualità intrinseca della qualità del credito”.
Il rating dell’agenzia potrebbe anche migliorare, ma solo se miglioreranno le prospettive di crescita dell’economia e se il paese riuscirà a “realizzare con successo le riforme economiche e del lavoro”. Per il 2017 le autorità prevedono un’espansione del Pil dell’1%. L’Istat ieri ha sottolineato che l’obiettivo non è irraggiungibile ma che è soggetto non solo a fattori interni ma anche a eventuali agenti esterni come elezioni Usa e Brexit.
Un altro elemento che Moody’s terrà d’occhio è l’evoluzione del rapporto tra debito e Pil. Rischi al ribasso sul rating potrebbero al palesarsi nel caso di un deterioramento delle prospettive di crescita, “soprattutto nel caso in cui dovesse fallire l’implementazione delle riforme strutturali”.
Un altro impatto negativo potrebbe arrivare inoltre da un “calo del surplus primario, un deterioramento delle condizioni di finanziamento e la necessità di ricapitalizzare in modo significativo le banche”.
A settembre era stata Fitch ad avvertire che con una vittoria dei No l’esito del referendum sarebbe interpretato come uno “choc negativo per l’economia e il merito di credito italiano”.
L’agenzia di rating statunitense aveva citato anche la crisi di redditività delle banche, dicendo che ogni “turbolenza politica o problema nel settore bancario che si possano ripercuotere sull’economia reale o sul debito pubblico, potrebbe portare a un intervento negativo sul rating dell’Italia”, mentre un successo dei Si aiuterebbe a creare “un ambiente stimolante” per riforme e investimenti.