ROMA (WSI) – Election day l’11 giugno prossimo, con politiche e amministrative insieme con il voto in importanti città come Genova, Palermo, Parma e Verona.
Questo sembrerebbe l’obiettivo di Matteo Renzi che ha in mente una precisa road map. Dimissioni dell’attuale premier Paolo Gentiloni, scioglimento delle Camere verso il 18 di aprile – con firma del decreto di scioglimento da parte del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella – con il nuovo segretario del Partito democratico che entrerà in carica verso il 13 o 14, durante l’assemblea nazionale del Pd.
Ma c’è ovviamente il nodo primarie da sciogliere. Le ipotesi sul tavolo, secondo quanto ricostruisce Repubblica, è che l’ex premier stia valutando due date: eclissata quella del 7 maggio, spunta il 9 aprile, data che sembrerebbe gradita anche a Michele Emiliano e Andrea Orlando, i due sfidanti di Matteo Renzi alla carica di segretario. L’altra data che echeggia è quella del 23 aprile, che di fatto allontanerebbe le elezioni anticipate a giugno come vorrebbe Renzi.
Ma c’è anche un altro problema da superare. Il regolamento delle primarie del Pd che prevede, a patto di modifiche in corner, l’elezione del nuovo segretario direttamente dall’assemblea dei delegati del partito qualora nessun candidato dovesse superare il 50% dei consensi. Da qui lo spauracchio che Emiliano e Orlando possano allearsi per mettere definitivamente alla porta Renzi.
Dal canto suo l’ex premier ed ex segretario del Partito Democratico, in viaggio negli States, non conferma e anzi fonti vicine, come riporta Rainews, sottolineano con decisione come siano destituite di ogni fondamento le ricostruzioni di stampa che attribuiscono al segretario uscente del Pd la volontà di puntare a elezioni a giugno.
“Ho cercato di togliermi dalle polemiche anche perché non sono più il presidente del Consiglio, e non sono più il segretario del Pd, in attesa del Congresso. Non sono venuto in California a fare il fighetto ma sto cercando di ossigenare il cervello”.