ROMA (WSI) – “Preferisco che arrivi qualcuno dall’estero con soldi veri” a creare posti di lavoro “a certi presunti capitalisti italiani che hanno finto di fare investimenti e invece da trent’anni son sempre loro, quelli del salotto buono”. Matteo Renzi, parlando mercoledì mattina a Rtl, torna a indossare le vesti del rottamatore di quello che la settimana scorsa ha definito “capitalismo di relazione ormai trito e ritrito”.
Concetto ribadito all’emittente radio: “In Italia sono 30 anni in cui sono sempre i soliti, che sono i proprietari dei giornali”, quelli “che stanno dentro i salotti che contano della finanza, che si comprano le aziende e poi i posti di lavoro non crescono e l’Italia da 15 anni è ferma. Allora io vorrei spalancare questo Paese. Non mi interessa chi sei. Non si può continuare a vivere di totem e di tabù, gli italiani vogliono posti di lavoro, oggi. Ma per averli bisogna aprire il paese agli investimenti. A volte sono stati preferiti gli amici degli amici e la storia del nostro capitalismo è stata fatta sempre dai soliti noti”.
Continuando il ragionamento su mercato del lavoro e polemiche sull’articolo 18, Renzi ha detto: “Non sono per niente preoccupato sulle regole” ma “il posto di lavoro non si crea cambiando le regole. Qualcuno pensa che in Parlamento ci siano maghi, capaci di creare posti di lavoro cambiando le regole. Per crearli, invece, bisogna far sì che gli imprenditori investano”. Per questo la “vera sfida è dire agli imprenditori stranieri ‘venite in Italia’ o dire a quelli italiani di restare”. Per far sì che ciò accada, servono “regole chiare sulla giustizia; semplificazione burocratica; un paese con meno politici e più politica. Per un imprenditore le regole del lavoro sono importanti, ma ancor più lo è il contesto, il cosiddetto business contest”.
In una lunga intervista a Il Sole 24 Ore, iniziata secondo il direttore Roberto Napoletano con Renzi che “brandisce una sciabola muovendosi da un capo all’altro della stanza nel suo ufficio a Palazzo Chigi”, ha poi alzato la posta sulla spending review. Sostenendo che “i tagli saranno non per 17 ma per 20 miliardi per investire in istruzione e ricerca senza aumentare tasse”. In che modo? Il governo valuterà “tagli del 3% per ciascun ministero”. Quanto al commissario Carlo Cottarelli, con il quale notoriamente i rapporti sono tesissimi e che solo lunedì ha ribadito il suo piano di tagli alle partecipate escluso all’ultimo minuto dallo Sblocca Italia, “ha la mia fiducia e quella di Padoan” e “gli ho chiesto di restare”, dice il premier. “Vedremo se riusciremo a trattenerlo”. Smentita invece l‘accelerazione sulla vendita di ulteriori quote di Eni ed Enel, che a fine agosto era stata confermata dallo stesso ministero dell’Economia: “Le privatizzazioni si faranno e i target previsti verranno rispettati”, ma “non sono convinto che si debba partire da Eni e Enel. Non vedo prioritario ridurre le quote dello Stato in due società che hanno grandi potenzialità, il corso dei titoli può ancora crescere, si può fare un discorso più strategico”. Il presidente del Consiglio ha poi etichettato come “fantapolitica” le voci su un rimpasto di governo: “La squadra è questa e non si tocca, a tempo debito sostituiremo solo il ministro degli Esteri”.
Al direttore de Il Sole 24 ore rimane un dubbio che definisce “pesante”: Renzi è consapevole che la priorità dell’Italia è l’economia più che le riforme istituzionali? Mille giorni saranno sufficienti per garantire competitività e legalità per la rinascita del Paese e la ripresa degli investimenti? Il Primo ministro ribadisce di non aver bisogno di guardare in faccia nessuno: “il consenso” dei cittadini “è il capitale investito per cambiare questo Paese” senza perdersi d’animo “continuerò a farlo con quello stile di leggerezza che è mio: non è serio solo c’è che viene detto con una faccia seria”. Sorrisi e “idee pesanti” il binomio di Matteo Renzi per “uscire tutti insieme dalla crisi”.
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