Le tensioni e divisioni in seno al partito di governo rischiano di allontanare l’appuntamento con le elezioni anticipate, senza contare che rischiano di provocare veramente questa volta la spaccatura in due del Partito Democratico: le due fazioni che ne deriverebbero, stando agli ultimi sondaggi, si dividerebbero quasi equamente i consensi in sede elettorale.
Ma l’ex premier Matteo Renzi va dritto per la sua strada: il segretario del Pd intensifica le pressioni sul governo di Paolo Gentiloni, che l’ha sostituito a Palazzo Chigi dopo le sue dimissioni successive alla sconfitta maturata al referendum costituzionale, per lavorare a un accordo condiviso tra i partiti sulla legge elettorale con cui andare al voto. Al momento, dopo la semi bocciatura dell’Italicum da parte della Consulta, ci sono due sistemi elettorali proporzionali ma differenti alla Camera e al Senato.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e Gentiloni hanno espresso la volontà di vedere armonizzate le due leggi. Renzi ha fatto sapere che o si arriva a un’intesa parlamentare entro il 13 febbraio, oppure si andrà alle elezioni anticipate a giugno. Mentre Renzi pone le sue condizioni e detta la linea strategica dei suoi, da parte sua Massimo D’Alema evoca la scissione del PD: se si arrivasse a nuove elezioni senza prima aver cambiato la legge elettorale, secondo l’ex premier, scatterebbe il ‘liberi tutti’.
Secondo D’Alema, uomo politico rottamato da Renzi in tempi non sospetti, una parte dei politici del PD uscirebbe dal partito, ma 3-5 milioni di elettori invece “si sono già scissi”. L’unica via d’uscita è indire un congresso e decidere in quella sede il futuro del primo/secondo partito d’Italia. Insomma, l’ala più a sinistra del PD vuole mettere alla prova Renzi, accusato di aver spinto troppo al centro l’orientamento del partito.
Senza un congresso “sarà Renzi che farà la scissione, che imporrà una frattura. È normale”, osserva D’Alema a ‘Carta bianca’. “Noi vogliamo un congresso perché il Pd è un grande partito che viene da ripetute sconfitte politiche”. “Penso che una parte” dei Democrat “uscirebbe, forse non una maggioranza”. “Ci sono per esempio tra i tre e i cinque milioni di elettori della sinistra che non votano più per il Pd, quelli si sono già scissi. Già l’obiettivo di recuperarli avrebbe un non irrilevante valore”.
PD, senza congresso scissione. Ai bersaniani 14% voti
Nel tentativo di gettare acqua sul fuoco delle polemiche interne al PD, il ministro Graziano Delrio ha fatto sapere a SkyTg24 che “il governo lavora senza pensare a scadenze, e minacciare scissioni non aiuta a fare proposte”. Il magistrato e presidente della Regione Puglia Michele Emiliano chiede il congresso e si candida alla leadership del partito.
“Se c’è un congresso, e mi auguro ci possa essere una unica candidatura alternativa a quella del segretario uscente, e se io capisco che questa candidatura può essere utile e incarnata da me, non ho nessun problema. Se ce n’è un altro che funziona meglio di me non ho nessun problema a fare campagna elettorale per lui”, ha dichiarato in un colloquio televisivo con Lucia Annunziata durante la trasmissione ‘In 1/2 ora’.
Per arrivare al congresso, l’ex sindaco di Bari è pronto anche ad arrivare alle “carte bollate” contro Renzi: “siccome questa posizione è insostenibile, si può perfino arrivare alle carte bollate per obbligarlo a fare il Congresso”. Il consiglio di Emiliano al segretario è quello “di iniziare immediatamente la procedura per il congresso, perché se non lo fa è in una tale difficoltà politica che rischia di uscirne assolutamente azzerato come soggetto legittimato a guidare il partito. Quindi prima cominciamo meglio è”.
Le parole di Emiliano hanno sollevato un polverone. Sono inaccettabili, secondo un altro esponente di spicco del partito di centro sinistra, “perché demoliscono le regole di vita democratica del nostro partito. Emiliano invoca il congresso ma sa che le regole sono chiare in proposito e che la commissione nazionale di garanzia ne ha sempre assicurato il rispetto”. Lo pensa il presidente della commissione di garanzia del Pd Gianni Dal Moro.
“Sotto la mia Presidenza abbiamo affrontato casi delicati e complicati e tutte le deliberazioni della commissione di garanzia, dove tutte le componenti sono rappresentate, sono state assunte con mai un voto contrario. Per questo non posso accettare quanto affermato dal Presidente Emiliano e cioè che si dica che se il Segretario Matteo Renzi non convoca ora il congresso non starebbe rispettando lo Statuto, perché è una falsità e mima la credibilità della Commissione che presiedo. Quanto deliberato invece a larghissima maggioranza nell’ultima assemblea nazionale del partito e quanto sin qui deciso dal segretario nazionale è pienamente nel rispetto delle regole”.
Secondo un sondaggio pubblicato da Tecne ieri, il PD otterrebbe il 29% dei voti se si andasse oggi al voto. Ma un partito con Renzi al comando e senza l’ala più a sinistra dei dissidenti scenderebbe al 20% se si materializzasse una scissione in due, con D’Alema e l’ex premier Pier Luigi Bersani che con il loro movimento di centro sinistra strapperebbero il 14% dei consensi.