ROMA (WSI) – A governare le tastiere dei social media non ci sono solo le opinioni, ma, a volte anche gli uffici di comunicazione istituzionali. Sempre aggiornata, al passo delle ultime novità mediatiche, la piazza del web, è un sospetto diffuso, non può essere ignorata da quelli che lavorano col preciso compito di valorizzare l’immagine del proprio committente; o distruggere quelle degli avversari.
Il “popolo del Web” di cui sente parlare nei quotidiani e nei telegiornali non esiste più è un termine antiquato. Chi legge e scrive su Internet sono molto semplicemente i cittadini. Secondo Marcello Foa, giornalista esperto dell’universo degli spin doctor e autore del saggio “Gli stregoni della notizia”, quella che qualche giorno fa Filippo Sensi, portavoce del premier Matteo Renzi, si è fatto sfuggire non sarebbe una semplice gaffe.
“Menare Di Battista sulla Libia” aveva scritto nella chat usata per mandare i comunicati ufficiali ai giornalisti; probabilmente gli assoldati “picchiatori” che avrebbero dovuto prendersela con l’esponente pentastellato Alessandro Di Battista dovevano essere quelli che, secondo Marcello Foa, popolano i blog incaricati di “sostenere le posizioni del premier e denigrare quelle degli oppositori. Il tutto sotto mentite spoglie”.
In sostanza si tratterebbe della tecnica attraverso la quale attori apparentemente disinteressati fanno il gioco e l’interesse del palazzo del potere, influenzando in modo assai più persuasivo il popolo degli internauti. Non sarebbe certo una trovata del governo italiano. Va detto che usare i social media e i forum per alimentare il dibattito sul Web è una tecnica utilizzata anche da chi lavora al popolare blog del fondatore del M5S Beppe Grillo. Ma secondo Foa Sensi si è spinto un po’ oltre.
“Lo fanno anche altrove”, scrive Foa sul suo blog su Il Giornale, “in Francia, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, paesi imbevuti di spin, ma dove si cerca di salvaguardare le apparenze, anche solo per tutelare il presidente o il premier. A occuparsi di queste utilissime ma poco presentabili attività non è mai direttamente il portavoce del presidente o del premier, bensì qualcuno che fa da filtro e che, nell’improbabile ipotesi che la stampa se ne accorga, possa essere sacrificato”.
In Italia, però, sembra essere stato sufficiente offrire qualche spiegazione e i giornali, secondo Foa, non hanno colto la rilevanza di questo “errore”. Il portavoce del premier ha sbagliato nel venire allo scoperto, mettendo così in cattiva luce il suo protetto Renzi.