ROMA (WSI) – Nel tentativo di serrare le file dopo la doppia votazione di ieri in cui il governo è andato sotto in Commissione, Matteo Renzi ha minacciato i dissidenti del Pd dell’ala DEM, dicendo che “se falliamo arriva la Troika”.
“Visto quello che dice Juncker?”, si sarebbe sfogato il premier con i suoi più stretti collaboratori che sono tornati a ventilare l’ipotesi di elezioni anticipate.
“Vogliono solo far deragliare le riforme. Ma se falliamo noi, che cosa ottengono? Bel risultato che ottengono i conservatori e i frenatori pur di far vedere che sono ancora vivi”. “Avevano preso un impegno e non l’hanno mantenuto”, dice sempre l’ex sindaco di Firenze.
Per scongiurare un voto anticipato – che getterebbe probabilmente nel panico i mercati sulla falsa riga di uanto sta avvenendo in Grecia – Renzi e i suoi hanno studiato una clausola pro-Mattarellum. In pratica, in caso di elezioni nel 2015, tornerà in vigore la vecchia legge elettorale.
È una strategia volta a mettere il guinzaglio ai dissidenti autori dello strappo politico di ieri e al partito all’opposizione di Forza Italia. I mercati non amano l’incertezza e ancora meno l’ipotesi di un governo le cui decisioni dipendono da partiti euro scettici come la Lega Nord.
Durante il cammino parlamentare delle riforme costituzionali, l’esecutivo ha subito un improvviso stop in Commissione affari costituzionali sul disegno di legge sul Senato. L’ostruzione delle minoranze in Parlamento potrebbe rendere il percorso dei cambiamenti fortemente accidentato.
Ma è anche un’occasione per il governo per “mettersi al sicuro”. Tra i tanti emendamenti presentati, infatti, ce n’è stato uno che porta la firma di due renziani e di un esponente della fazione dei cosiddetti ‘giovani turchi’, vicini al premier, che prevede una sorta di “clausola di salvaguardia”. Essa stabilisce che se entro l’entrata in vigore dell’Italicum, a gennaio 2016, si dovesse tornare a votare, anziché con il Consultellum si dovrebbe farlo con la vecchia legge Mattarella.
Intanto l’ex premier Mario Monti ha precisato al numero uno del Fondo Monetario Internazionale, Cristine Lagarde, che l’Italia non voleva il triumvirato dei creditori internazionali a Roma.
Apparentemente, da presidente del Consiglio, Monti fece di tutto per evitare un intervento della Troika, composta da Fmi, Commissione Ue e Bce. Allo stesso tempo fece di tutto anche per difendere le politiche di austerity imposte dall’alto in nome dell’unione monetaria e giudicate imprescindibili dalle autorità europee per rilanciare un’economia che non cresce da oltre dieci anni.
“Ho avuto momenti di negoziato molto duri con l’Europa – ha ricordato il professore della Bocconi – ma da premier io non ho mai sputtanato l’Ue davanti ai cittadini” italiani.
(DaC)