La crescente automazione dei processi produttivi colpirà soprattutto i lavoratori di età compresa fra i 50 e 64 anni; secondo uno studio condotto da Mercer e Oliver Wyman, “The twin threats of aging and automation”, l’Italia sarà il Paese europeo nel quale questo rischio avrà le maggiori conseguenze. Nel Bel Paese infatti, il 58% dei lavoratori anziani saranno direttamente esposti alla concorrenza dell’automazione, che potrebbe prendere il loro posto. Subito dietro l’Italia, c’è la Germania, che vede una quota dei lavoratori anziani “sostituibili” al 57%. In generale, i lavoratori “senior” raggiungeranno in Italia una quota pari al 38% della forza lavoro totale entro il 2030.
E’ vero che il progresso tecnologico non solo distrugge lavoro, ma crea anche opportunità; dall’altra parte però le stime effettuate suggeriscono che nel quinquennio 2015-2020 il saldo sarà negativo: 7,1 milioni di posti di lavoro distrutti nel mondo a fronte di 2 milioni di nuove posizioni.
Come spesso è stato sottolineato, l’antidoto contro la minaccia del progresso tecnologico è l’aggiornamento delle competenze. “Gli sforzi concertati da parte di governi e aziende per elaborare strategie volte a incoraggiare e accogliere il lavoratore più anziano, saranno cruciali nei prossimi decenni” ha dichiarato Marco Valerio Morelli, amministratore delegato di Mercer Italia, “I lavoratori più anziani sono una fonte preziosa di esperienza, produttività e anche di flessibilità. Anche nei loro confronti quindi suggeriamo alle aziende di dirigere gli investimenti mano a mano che la tecnologia spinge le aziende ad evolvere. Dal nostro punto di vista la parola chiave che aziende e istituzioni devono tenere al centro delle loro considerazioni è: ‘competenze’. Quello che in passato era considerato ‘premium’ ora sarà considerato ‘standard’, un fenomeno che spingerà necessariamente i lavoratori a passare da lavori semplici o ripetitivi a servizi a valore aggiunto”.