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Reti e consulenti, cosa lascia ConsulenTia 2019. Il nodo retribuzione

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Si è appena conclusa l’edizione 2019 di ConsulenTia, l’evento organizzato da Anasf arrivato al sesto anno e che in questa occasione ha preso il titolo di “Protagonisti della Crescita”. Lo ha sottolineato più volte il presidente di Anasf, padrone di casa della manifestazione, Maurizio Bufi: “Il titolo che abbiamo voluto dare intende la crescita come evoluzione della nostra professione, sia sotto il profilo della qualità e dell’utilità del servizio erogato, sia sotto quello dell’ulteriore diffusione della nostra figura tra i risparmiatori e gli investitori”. Un particolare aspetto ha portato la platea di consulenti a tributare un lungo applauso a Bufi, che ha parlato degli sviluppi futuri della consulenza e all’evoluzione della professione “che si legano naturalmente al tema della remunerazione del consulente finanziario: nel settore del risparmio gestito l’apporto del consulente è infatti fondamentale nella catena del valore e, come tale, va giustamente riconosciuto, anche sotto l’aspetto retributivo”, ha sottolineato il Presidente Anasf, che ha parlato di “un terzo dei margini da tributare al consulente finanziario“, dividendo equamente l’intera “torta” tra i tre stakeholders (fabbrica prodotto, distributore e consulente finanziario).

I vertici delle reti si sono concentrate su questo aspetto: “Sin da subito nel nostro modello abbiamo messo al centro il consulente finanziario spiega Ferdinando Rebecchi, responsabile sviluppo e consulenza di BNL e nel nostro caso la fetta più importante, che è ben oltre l’un terzo va al consulente finanziario. Lo troviamo molto coerente con il nostro modello. Altri modelli che scavalcano il consulente o che vogliono arrivare al cliente con soluzioni a distanza o digitali hanno la loro importanza, ma fanno un altro mestiere“. Il tema dei margini “è sempre esistito”, sostiene Gianluca Bosisio, direttore generale di Banca Mediolanum. “La sfida di oggi è quella di coprire le vere esigenze del cliente che sempre di più non si appoggiano sulla gestione del risparmio, ma anche sulla tutela e sulla protezione. Con un buon consulente finanziario ci possono guadagnare tutti: il cliente e anche il consulente stesso”. 

La nostra azienda si fonda su un patto tra rete e consulenti – afferma Fabio Cubelli, condirettore generale di Fideuram – che dice che i ricavi dei consulenti sono una proporzione fissa e non cambierà nei prossimi anni e nel futuro. Se andremo nella direzione di un mercato sempre più concorrenziale, è chiaro che possiamo attenderci una riduzione dei margini unitari, che però negli ultimi anni è stata sempre compensata da un aumento delle masse. Posso tranquillamente dire che i guadagni dei nostri consulenti finanziari sono aumentati, non diminuiti“.

Il presidente Bufi ha parlato di un terzo dei margini per i consulenti finanziari – spiega Nicola Viscanti, responsabile della rete di Widiba – ma io ritengo che la percentuale debba essere anche più alta. Ovviamente la nostra strategia ci ha permesso di ridurre al minimo i costi della macchina operativa e non li abbiamo scaricati sul consulente finanziario. Noi ci siamo presi l’impegno di non toccare le remunerazioni, anzi, potrebbero esserci delle sorprese”.

Noi siamo assolutamente nei parametri che il presidente Bufi ha affermato, ma non deve essere una specie di trattativa sindacale“, sostiene Marco Bernardi, vice direttore generale reti commerciali di Banca Generali. “Importante è combinare la qualità del servizio e gli strumenti che le società mettono a disposizione del professionista. Al di là di come si ripartiscono i margini, è importante che le reti si adoperino ogni giorno per far guadagnare di più i consulenti non solo ridiscutendo il pay-out, ma dandogli opportunità nuove di business“.

Per Paolo Martini, amministratore delegato di Azimut Capital Management, “l’industria non è lontana dal segmento dell’un terzo, ma dipende anche dalla strategia che si ha. Non si può pensare di fare investimenti fortissimi in comunicazione, in tecnologia e sulle persone. Bisogna decidere le priorità. Noi abbiamo 2000 consulenti che sono anche azionisti e, quindi, è normale che l’attenzione a loro sia parte del nostro Dna. Si tratta di un mestiere difficile che dev’essere adeguatamente remunerato“.