Economia

Rialzi dei tassi: delizia per l’inflazione ma croce per il mercato immobiliare

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I rialzi dei tassi di interesse sono la misura monetaria che le Banche Centrali adottano per limitare gli investimenti a favore dei risparmi, frenando la domanda e di conseguenza raffreddando strutturalmente l’inflazione. Detto in altre parole, alzare o abbassare i tassi di interesse permette alla Banca Centrale di incentivare o disincentivare l’attività economica di un Paese.

E, stando ai dati del Barometro Mutui di CRIF relativi al primo semestre 2023, la cura sta funzionando: i continui rialzi dei tassi, che sui mutui a maggio hanno raggiunto il picco di 4,58% secondo i dati sul TAEG di Bankitalia, più che raddoppiando rispetto a un anno prima, hanno frenato del 22,4% la domanda dei mutui da parte delle famiglie italiane rispetto al corrispondente periodo del 2022; valore che continua a essere influenzato dal fenomeno delle surroghe. Queste ultime hanno subito una flessione del 30,8%, mentre i nuovi mutui erogati si sono contratti del 21,6%. Anche considerando il solo mese di giugno si conferma il trend negativo della domanda, con una frenata del -11,6%.

Rialzi dei tassi stanno funzionando sui mutui, ma a che prezzo?

La perdita di potere d’acquisto delle famiglie e i rialzi dei tassi di interesse hanno di conseguenza messo fuori gioco una quota considerevole della domanda potenziale, con effetti anche sul numero di compravendite residenziali. A questo proposito l’Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma, che ha analizzato le performance immobiliari di città come Milano e Roma, Genova, Firenze, Bologna, Bari, Cagliari, Catania, Napoli, Padova, Palermo, Torino e Venezia, ha stimato che, dopo un 2022 in cui il mercato ha registrato quasi 800mila transazioni, nel 2023 le compravendite scenderanno a quota 687mila (-12,4% sull’anno prima), per poi ridursi a 633mila nel 2024 e scendere a quota 624mila nel 2025. La situazione di rallentamento delle compravendite è più evidente a Milano e Bologna, per esempio, dove il mercato aveva corso di più.

Dando uno sguardo ai numeri, non si fa fatica a capire la forza della battuta d’arresto inferta al mercato immobiliare. Ad esempio, a causa dell’aumento dei costi dei mutui a tasso variabile collegato all’incremento dei tassi, a marzo 2023 la rata è aumentata mediamente del 28% rispetto ai minimi di metà 2022 (pari a un rincaro della rata mensile di circa 170 euro), con un picco del +40% per i mutui di più recente erogazione, dove la rata media è passata da 616 euro a 865 euro. L’impatto è oggi ancora più significativo considerando gli ulteriori incrementi dei tassi di maggio (+0,75%) e giugno (+0,25%).

Per il 65% dei mutui in bonis (cioè senza rate scadute e non pagate), l’aumento dei tassi ha comportato un aumento del montante (calcolato in modo semplificato, come somma algebrica delle rate residue) tra gennaio 2022 e marzo 2023, nonostante le rate pagate nei 14 mesi trascorsi. Per i mutui più recenti, questo ha determinato un significativo aumento dell’indebitamento complessivo delle famiglie del 24% in poco più di un semestre, pari a circa 34mila euro per contratto.

La buona notizia circa gli effetti della combo inflazione persistente e tassi d’interesse più elevati sui bilanci delle famiglie è che il livello di indebitamento delle famiglie tricolori rimane basso (circa il 60% nel triennio di previsione) se paragonato al resto d’Europa (94% nel 2022). Questa evidenza dovrebbe scongiurare un peggioramento marcato dei tassi di default.

Per quanto riguarda la distribuzione per fascia di importo, nel I semestre del 2023 le richieste di mutuo per importi compresi tra 100.000 e 150.000 euro restano ancora la soluzione preferita dalle famiglie italiane, con circa il 30% del totale; percentuale in linea con il corrispondente periodo del 2022. Al secondo posto, con il 25,9%, rimane la classe di importo tra 150.000 e 300.000 euro.

Dall’analisi della distribuzione delle richieste per durata, emerge invece che la fascia più rilevante è quella tra i 25–30 anni, con il 36,7% del totale dei mutui. Nel complesso, 8 richieste su 10 prevedono piani di rimborso superiori ai 15 anni, a conferma della propensione delle famiglie a privilegiare soluzioni che pesino il meno possibile sul bilancio familiare.

Infine, per quanto riguarda la classe di età, le fasce 25-34 e 35-44 anni rappresentano una fetta del 61,3% della richiesta, cui segue quella di chi ha 45-54 anni che rappresenta il 23,4%.