ROMA (WSI) – La cronaca di questi giorni è incentrata sul nuovo scandalo corruzione che investe la capitale e questa volta ha ad oggetto i rifiuti e l’azienda Ama E proprio nel bel mezzo di questa vicenda che arrivano dalla Cgia interessanti dati sui rifiuti. Nel corso degli ultimi anni sono state numerose le novità che hanno riguardato il prelievo dei rifiuti: si è passati dalla Tarsu (Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani) alla Tia (Tariffa di igiene ambientale); nel 2013 ha fatto il suo debutto la Tares (Tassa rifiuti e servizi) e dal 2014, infine, tutti i Comuni applicano la Tari (Tassa rifiuti). Il tutto mentre il neo sindaco di Roma, Virginia Raggi del M5S, ha promesso che Roma tornerà a essere pulita “entro il 20 agosto”. Sembra un’operazione impossibile per chi conosce e vive nella capitale.
La tassa sui rifiuti Tari si basa sul principio comunitario di “chi inquina paga”, confermando il legame tra la produzione dei rifiuti e l’ammontare del tributo. Rispetto alla Tarsu, le successive forme di prelievo sono andate nella direzione di coprire integralmente il costo del servizio. Con la Tia questa previsione era stata prorogata e mitigata, mentre con la Tares prima e la Tari poi, questa prescrizione l’hanno resa operativa. L’applicazione di questo principio si è tradotto in un forte incremento dei costi per gli utenti.
Secondo i calcoli effettuati dall’associazione degli artigiani di Mestre sebbene la produzione dei rifiuti abbia subito in questi ultimi anni una contrazione molto significativa (2,8 milioni di tonnellate in meno tra il 2007 e il 2014) e l’incidenza della raccolta differenziata sia aumentata notevolmente (+64,4 per cento sempre tra il 2007 e il 2014), le famiglie e le aziende sono state costrette a pagare di più, nonostante la qualità del servizio non abbia registrato alcun miglioramento. Nel dettaglio l’ultimo dato disponibile ci dice che le famiglie e le imprese italiane pagano quasi 8,8 miliardi di euro l’anno.
Tra il 2010 e il 2016 i negozi di frutta, i bar e i ristoranti hanno subito un aumento della tariffa per l’asporto dei rifiuti oscillante tra il 30 e il 50 per cento. Per le famiglie, invece, la crescita è stata mediamente più contenuta. Per un nucleo con 2 componenti l’incremento è stato del 33,7 per cento, con 3 del 36,2 per cento e con 4 del 32,6 per cento. Il costo dell’asporto rifiuti, purtroppo, ha assunto dimensioni molto preoccupanti.
Come dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo:
“Fintantoché non arriveremo alla definizione dei costi standard possiamo affermare con buona approssimazione che con il pagamento della bolletta non copriamo solo i costi di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, ma anche le inefficienze e gli sprechi del sistema. Ricordo che secondo l’Antitrust tra le oltre 10.000 società controllate o partecipate dagli enti locali che forniscono servizi pubblici, tra cui anche la raccolta dei rifiuti, circa il 30% sono stabilmente in perdita. Una mala gestio che la politica non è ancora riuscita a risolvere”.