ROMA (WSI) – Se ne era cominciato a parlare nel 2012 ma poi l’ex premier Matteo Renzi lasciò cadere tutto nel vuoto. Stiamo parlando della riforma del catasto, un sistema datato 1939 e che ha previsto uno studio di ben due anni.
Renzi gettò la spugna in quanto, dalle simulazioni effettuate, valutare gli immobili non più sui vani ma sui metri quadri avrebbe significato costi più alti, una vera e propria stangata fiscale che ovviamente non poteva giovare alla sua campagna elettorale e perciò preferì abolire l’Imu sulla prima casa piuttosto che aggiornare le rendite catastali.
Ora il discorso sulla riforma catastale torna alla ribalta e potrebbe entrare nel Documento di economia e Finanza allo studio del governo Gentiloni. Il presidente della Commissione finanze del Senato Mauro Marino, insieme al collega di Forza Italia Salvatore Sciascia hanno firmato un disegno di legge che viene presentato in aula e che riguarda proprio la revisione delle rendite catastali.
Come scrive un articolo de Il fatto quotidiano:
“Sarà garantita l’invarianza di gettito, vale a dire che gli introiti per lo Stato non aumenteranno. Ciò non toglie però che ci sarà un riequilibrio del prelievo, ottenuto allineando i valori catastali a quelli di mercato. Vale a dire che, tra i contribuenti proprietari di case, ci sarà chi ci guadagna e chi ci perde. Le abitazioni nelle zone centrali delle grandi città, spesso ancora classificate come popolari, vedranno salire la rendita catastale su cui si basa il calcolo dell’imponibile Imu (oggi solo sulle seconde case) ma anche delle imposte su compravendite, donazioni e successioni. Mentre quelle in periferia, anche se nuove, saranno meno colpite dal fisco. Inoltre la revisione avrà un impatto sul reddito Isee, nel cui calcolo entrano come è noto anche le proprietà immobiliari”.
Subito sul piede di guerra le associazioni di categoria in primis Confedilizia il cui presidente Giorgio Spaziani Testa alza la voce affermando che la priorità del settore immobiliare non è la riforma ma la riduzione della tassazione arrivata a 50 miliardi di euro l’anno.
Ma anche il presidente della Commissione di vigilanza sull’anagrafe tributaria lancia l’allarme.
“La riforma del catasto porti a una maggiore equità, ma non consideri la casa un limone da spremere. Serve semplificare e ridurre il carico fiscale per il ceto medio basso. Questa è la nostra sfida per avvicinarci al resto d’Europa”.