Riforma credito cooperativo? La banca che “valuta il ricorso a Corte Costituzionale”
ROMA (WSI) – Arriva proprio oggi da Davos, dove è in corso il World Economic Forum, l’annuncio del ministro dell’economia Pier Carlo Padoan: “Questa settimana introdurremo un nuovo pezzo di riforma sulle banche più piccole”, ha detto, aggiungendo che l’obiettivo è quello di “incoraggiare le banche a raccogliere capitale”.
La questione riguarda le banche di credito cooperativo. Padoan ha affermato infatti da Davos che:
“Il governo sta lavorando per rafforzare ulteriormente il sistema bancario. Abbiamo già fatto la riforma delle popolari, a giorni è intenzione del governo portare all’approvazione del consiglio dei ministri un’ulteriore pezzo di riforma che è quello delle banche di credito cooperativo”.
E qui esplode il caso, perchè in agguato c’è già un problema. Già pochi giorni prima di Natale, come riporta il sito Formiche.net, “la Banca di Civitanova e Montecorsaro, nelle Marche, pochi giorni prima di Natale, per mano del vicepresidente della banca e delegato ai rapporti col credito cooperativo Marco Bindelli, ha inviato una missiva a Matteo Renzi e Ignazio Visco. Per affermare essenzialmente due concetti. Primo, non è vero che le banche piccole stanno peggio di quelle grandi. Secondo, prima di appoggiare o meno la linea della capogruppo unica sarebbe meglio capire chi sarà il soggetto aggregatore”.
Tale banca è disposta a ricorrere alla Corte Costituzionale, come emerge dal comunicato emerso nelle ultime ore:
“Se la riforma manterrà l’impostazione della holding unica obbligatoria, specie se strutturata sul modello del Crèdit Agricole caldeggiato dal Premier Renzi, faremo ricorso alla Corte Costituzionale. E non escludiamo, a priori, una nostra trasformazione in Spa, per non perdere i livelli di solidità e gli indicatori virtuosi che siamo riusciti a raggiungere in anni di sana e prudente gestione, che rappresentano il vero patrimonio a beneficio del nostro territorio, delle famiglie, delle imprese e dei giovani”. “Chi la pensa come noi, ci segua”.
I vertici della Bcc di Civitanova Marche e Montecosaro – come si legge nel comunicato – entrano duri nell’acceso dibattito nazionale sulla riforma del Credito Cooperativo Italiano.
I rappresentanti della banca si dichiarano d’accordo con quanto affermato alcuni giorni fa da Giorgio Fracalossi, Presidente di Cassa Centrale Banca:
“L’unità si garantisce con l’efficienza e l’innovazione. Sono convinto che la riforma, qualsiasi riforma, non possa essere imposta, ma debba essere condivisa, Insomma, deve piacere, per evitare che le Bcc più forti abbandonino il sistema.”
Parla Marco Bindelli, Vice Presidente della BCC di Civitanova e delegato dalla sua Banca a seguire la vicenda della riforma:
“Nessuno nega che il Credito Cooperativo abbia bisogno di una riforma, ma essa deve essere ponderata e realizzata condividendola con le altre consorelle e, soprattutto, senza penalizzare quelle banche che hanno avuto una governance virtuosa, sana, trasparente: come noi, e come molte altre Bcc. Altrimenti il rischio è quello paventato da Fracalossi, ossia perdere le Bcc più virtuose!”.
Sulla minaccia del ricorso alla Corte Costituzionale, questa è una “eventualità concreta”, che potrebbe concretizzarsi nel caso in cui il governo imponesse una riforma che obbligasse le Bcc a entrare a far parte di una holding unica.
Bindelli conferma:
“In tal caso saremo anche pronti a ricorrere alla Corte Costituzionale”. Continuando: “Ci sarebbero infatti questioni legate al rispetto della Carta Costituzionale, considerato che l’art 45 così recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. Se la norma si applica anche alla cooperazione di credito, l’obbligo, di diritto o di fatto, di partecipare ad una Holding Unica per poter continuare ad esercitare il credito come BCC configurerebbe una violazione della Costituzione, specie in assenza di una norma specifica che consenta la trasformazione in altro tipo di banca senza dover devolvere le riserve patrimoniale ai fondi mutualistici”. “Noi crediamo che un minimo di 2 o 3 Gruppi Cooperativi Paritetici, posti anche in concorrenza fra loro e dai quali poter entrare e uscire senza eccessivi vincoli, potrà rendere più efficiente l’intero sistema del Credito Cooperativo e risolvere i veri problemi per i quali si rende necessaria una riforma delle BCC: la carenza di governance! D’altronde, in caso di holding unica, la stessa Banca d’Italia, per mezzo di Carmelo Barbagallo, Capo del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria, nel corso dell’intervento effettuato dinanzi alle Commissioni Riunite di Camera e Senato il 15 ottobre 2015, proprio in materia di riforma del settore delle Banche di Credito Cooperativo, ha evidenziato i rischi di coerenza con il dettato costituzionale.”
Nel comunicato si riporta anche l’affermazione del Presidente della Banca Sandro Palombini.
“Non è poi da escludere la nostra trasformazione da società cooperativa in Spa, qualora questa fosse l’unica strada per poter conservare quanto di eccellente abbiamo fatto negli anni per il nostro territorio”. “Una soluzione – aggiunge Bindelli – che manterrebbe i tradizionali valori mutualistici delle Bcc e ci consentirebbe di mantenere le riserve e i nostri indicatori virtuosi, senza vedere tutto svanire in un unico grande calderone. Qualora la riforma che il Governo si sta apprestando ad approvare dovesse avvantaggiare solo le Bcc in difficoltà (penalizzando quelle sane) o dovesse servire per mantenere le “poltrone” di coloro che hanno mal gestito le proprie Bcc, la trasformazione in Società per Azioni diventerebbe una scelta obbligata per le Bcc virtuose!”.