Riforma del patto di stabilità: presentate a Bruxelles le nuove regole per gli Stati UE
Il quadro economico dell’Unione Europea risulta disomogeneo se si aumenta lo zoom a livello dei singoli Stati membri, poiché ogni Paese presenta peculiarità e metriche economiche differenti. La sfida dell’UE è renderlo più omogeneo e, in questo contesto, si inserisce il Patto di stabilità e crescita (Stability and Growth Pact), un accordo tra i 27 Paesi membri dell’Unione Europea le cui norme “mirano a evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni potenzialmente problematiche” e a “correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi”. In sostanza, l’idea di fondo è che gli squilibri interni e la mancanza di rigore di un singolo Stato possano mettere a rischio la tenuta sua e dell’Ue.
Dopo diversi rinvii, il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni e il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis hanno presentato oggi, mercoledì 26 aprile, i testi legislativi dell’attesa proposta di riforma del Patto di Stabilità e Crescita. La crisi finanziaria ha dimostrato che il Patto di stabilità, com’era congegnato, non aveva un’applicabilità realistica.
“Le nostre regole di bilancio risalgono agli anni ‘90. Ora ci troviamo di fronte a sfide e priorità economiche diverse rispetto al passato, e le nostre regole devono riflettere questi cambiamenti. Le proposte odierne garantiranno una costante riduzione degli elevati livelli di debito pubblico e ci aiuteranno a soddisfare le nostre principali esigenze di riforma e di investimento”, ha spiegato a Bruxelles Dombrovskis.
Superamento dell’approccio unico sul debito
Nei fatti, la Commissione europea ha proposto un nuovo regolamento, a cui verrà associata una revisione di altri due testi legislativi. Bruxelles ha preso atto che un approccio unico per tutti non ha finora funzionato. Ciascun Paese sarà quindi chiamato a preparare un piano di risanamento del debito basato sulla spesa pubblica netta, che nelle intenzioni dell’esecutivo comunitario deve diventare il nuovo parametro di riferimento con il quale monitorare i bilanci nazionali.
Per i Paesi con un debito elevato, i piani nazionali, della durata di quattro anni estendibile a sette anni, devono garantire un calo dello stesso debito pubblico per almeno dieci anni, senza che siano necessarie ulteriori misure di risanamento. Una procedura per debito eccessivo scatterà nel caso in cui il Paese non rispetta la prevista traiettoria della spesa pubblica netta. Circostanze attenuanti potranno essere prese in conto, ma quanto più il debito è elevato, tanto meno vi sarà margine di manovra.
Nel nuovo patto di stabilità invariati gli storici parametri di Maastricht
Il Patto di stabilità e crescita ruota attorno a due parametri di bilancio: il deficit pubblico (cioè la differenza tra entrate e uscite, comprese le spese per interessi) non deve superare il 3% del Pil; il debito pubblico non deve superare il 60% del Prodotto interno lordo. La maggior parte dei Paesi membri sono molto lontani da quest’ultimo parametro. Ecco perché il Patto di stabilità prevede, in alternativa, la necessità di dimostrare “un calo a un ritmo soddisfacente”. Significa che “il divario tra il livello del debito di un Paese e il riferimento del 60% deve essere ridotto di un ventesimo all’anno”, calcolato come media di un triennio.
Gli Stati membri presenteranno relazioni annuali sui progressi compiuti. L’unico indicatore operativo per la sorveglianza di bilancio sarà la spesa pubblica primaria, con una semplificazione profonda delle regole di bilancio. Per ogni Stato membro con un deficit superiore al 3% o un debito pubblico superiore al 60% del Pil, la Commissione pubblicherà un piano di aggiustamento per Paese. Questa “traiettoria tecnica” cercherà di assicurare che il debito sia messo su un percorso plausibilmente discendente o che rimanga a livelli prudenti, e che il deficit rimanga o sia portato e mantenuto al di sotto del 3% nel medio termine. Si applicheranno salvaguardie comuni per garantire la sostenibilità del debito.
Nella proposta di riforma gli storici parametri di Maastricht del tetto del deficit al 3% e del debito pubblico al 60% rimarranno invariati. E rimane anche la regola per i Paesi che superano il 3% di deficit del rientro annuo pari allo 0,5% (viene dunque accantonata la proposta tedesca dell’1% di rientro annuo). Il rapporto tra debito pubblico e Pil dovrà essere alla fine del periodo coperto dal piano inferiore a quello dell’inizio del periodo stesso. E anche in caso di piano in sette anni, già alla fine di quattro anni ci dovrà essere una riduzione del debito. Gli Stati membri che beneficiano di un periodo di aggiustamento fiscale prolungato dovranno garantire che lo sforzo fiscale non venga rimandato agli ultimi anni. Inoltre i Paesi Ue dovranno mantenere la crescita della spesa netta al di sotto della loro crescita economica a medio termine.
L’impegno cifrato e inderogabile è stato inserito nella riforma su pressione della Germania, che ancora oggi ha ribadito la sua contrarietà a una riforma che ritiene troppo tollerante.
L’obiettivo della riforma del Patto di stabilità
L’obiettivo della proposta è evitare che la riduzione del debito pubblico porti a una contrazione degli investimenti e della crescita. Di qui la necessità di riformarlo per avere regole più chiare, flessibili e adattabili alle esigenze dei singoli Paesi. “I Paesi beneficeranno di un percorso di aggiustamento di bilancio più graduale se si impegneranno nei loro piani a realizzare una serie di riforme e di investimenti di aggiustamento conformi a criteri specifici e trasparenti”, riferiscono da Bruxelles. Il Patto è stato sospeso nel marzo del 2020 per lo choc economico causato dalla diffusione del Covid ma dovrebbe essere ripristinato da gennaio 2024.
La procedura di infrazione
Ricordiamo che, nel caso in cui i limiti del Patto di stabilità non vengano rispettati, la Commissione Ue può far partire una procedura di infrazione. Un primo avvertimento “preventivo” viene inviato al Paese membro il cui deficit si avvicina al 3%. Allo sforamento del tetto, l’avviso si trasforma in una serie di raccomandazioni che mirano a far calare il rapporto deficit/Pil. Se le misure intraprese dallo Stato sotto esame vengono ritenute soddisfacenti, la procedura di infrazione viene sospesa in attesa di un rientro sotto il tetto del Patto. In caso contrario, il Paese rischia una sanzione.
La procedura per i disavanzi eccessivi per il superamento del 3% del deficit rimane invariata. Mentre la procedura per i disavanzi eccessivi legati al debito pubblico è rafforzata e si concentrerà sugli scostamenti da parte degli Stati membri dal percorso di spesa netta per il quale il Paese si è impegnato e che è stato approvato.
Rispetto all’attuale Patto, le sanzioni nel caso di violazione degli impegni saranno di ammontare minore e più facili da comminare. È stata mantenuta la clausola generale di salvaguardia (attivata a marzo 2020) e sarà attivata in caso di grave recessione economica nell’Ue e nell’Eurozona. In più sono previste clausole specifiche per Paese che permetteranno di deviare dagli obiettivi di spesa in caso di circostanze eccezionali al di fuori del controllo dello Stato membro con un impatto significativo sulle finanze pubbliche. Il Consiglio, sulla base di una raccomandazione della Commissione, deciderà in merito all’attivazione e alla disattivazione di tali clausole.
I prossimi step
Le proposte, che prevedono una riduzione minima del debito per i Paesi più indebitati, saranno ora discusse dal Consiglio e dal Parlamento. Lo scoglio principale del negoziato tra gli Stati membri è appunto la Germania, che è già sul piede di guerra perché non sono state accolte le sue richieste di introdurre parametri quantitativi annualmente misurabili per la riduzione del debito pubblico, specialmente per i Paesi più esposti come l’Italia. Per la Germania come per altri Paesi “frugali” la Commissione ha troppa discrezionalità. Il negoziato entrerà nel vivo solo in autunno e l’obiettivo dell’Ecofin è arrivare a un’intesa entro fine anno, in modo tale che i primi piani nazionali di risanamento dei conti pubblici possano essere preparati dai governi in vista del 2025. Nel frattempo, verranno applicate le vecchie regole, ma con gli accorgimenti pubblicati da Bruxelles in marzo.