ROMA (WSI) – Clima sempre più incandescente alla vigilia del referendum costituzionale di domenica 4 dicembre con un braccio di ferro serrato tra Massimo Villone, vicepresidente del Comitato per il No e il premier Matteo Renzi.
La questione riguarda l’incostituzionalità decisa dalla Consulta di una parte della riforma della pubblica amministrazione della ministra Marianna Madia. In particolare, la Corte Costituzionale ha bocciato la legge delega (su cui si basano i decreti attuativi) perché non ha previsto un’intesa piena da raggiungere nella Conferenza Stato-Regioni: per i decreti attuativi ci si è limitati a prevedere solo un “parere”, mentre invece va cercata “un’intesa”. In sostanza la riforma Madia è stata in parte bocciata dalla Consulta perché ha violato il “fondamentale principio” di leale collaborazione tra i livelli istituzionali.
Una bocciatura che per il premier Renzi è la prova che il paese è bloccato. La soluzione per sbloccarlo? Per il presidente del Consiglio è una sola: votare Sì al referendum e in tal modo verrà modificato il titolo V della Costituzione e le cose cambieranno.
“Una pubblicità ingannevole per il Sì”: così definisce l’operato di Matteo Renzi Massimo Villone, dalle pagine de Il Fatto Quotidiano. Villone, professore emerito di diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli ha spiegato che “l’incostituzionalità della riforma della PA non ha nulla a che vedere con le novità che vedrebbero introdotte se dovesse vincere il Sì” e ne spiega i motivi.
“La Corte ha dichiarato l’incostituzionalità del Decreto Madia perché l’intreccio delle competenze tra i livelli istituzionali avrebbe richiesto non un semplice parere delle autonomie sui decreti delegati attuativi della legge 124, ma una intesa formale da raggiungere nelle Conferenze tra Stato e autonomie. Intesa in cui si realizza il fondamentale principio di leale collaborazione tra i livelli istituzionali (…) Su questo la legge costituzionale Renzi-Boschi non reca alcuna innovazione”.
Il “fondamentale principio” di leale collaborazione tra i livelli istituzionali – violato dalla riforma Madia – rimarrebbe anche con la vittoria del governo il 4 dicembre.
“La programmazione e organizzazione dei servizi sanitari viene assegnata alla Regione, a cui rimane anche la competenza sulla propria organizzazione amministrativa. Per il lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni lo Stato acquisisce solo una potestà legislativa tesa ad assicurare discipline uniformi su tutto il territorio nazionale. Quindi l’intreccio delle competenze statali e regionali rimane, e con esso la necessità dell’intesa (…) la sentenza della Corte conferma come sia inaccettabile che ai problemi del paese si dia la sola risposta rozza e semplificata di una concentrazione del potere nelle mani di chi comanda a Palazzo Chigi”.
Il professore smentisce così la tesi dei sostenitori del Sì, secondo cui la riforma Boschi avrebbe evitato la pronuncia di incostituzionalità grazie alle modifiche introdotte nel rapporto Stato-Regioni.