L’Italia è ufficialmente tornata sui propri passi in merito alla riforma del Mes, che nell’Eurogruppo di ieri (30 novembre) è stata politicamente concordata fra i ministri delle Finanze dell’Eurozona. La riforma che a fine 2019 infiammò il dibattito pubblico in seguito alla contrarietà espressa dal M5s e dai maggiori partiti dell’opposizione non è cambiata di una virgola rispetto a un anno fa.
Allora governo italiano chiese di ridiscutere la riforma (la cui bozza è datata giugno 2019), cosa che non ha portato ad altro risultato se non a quello di ritardare di un anno l’approvazione della riforma da parte dell’Eurogruppo.
L’iter della revisione del trattato sul Meccanismo europeo di stabilità, tuttavia, è lontano dall’essere concluso. Nel gennaio del prossimo anno si procederà alla firma del nuovo trattato da parte dei leader dei vari Paesi, alla quale seguirà, nei mesi successivi, la ratifica dei 19 parlamenti dell’Eurozona. Sarà sufficiente il “no” di un solo parlamento nazionale per far naufragare l’entrata in vigore del nuovo trattato: ciascuno stato deve necessariamente approvare il medesimo testo. Di conseguenza, sarà essenziale che la compagine parlamentare del M5s, in sede di ratifica, si adegui alle direttive della maggioranza di governo, rinunciando alle barricate innalzate l’anno scorso. In caso contrario, verrebbe impedita in tutta l’Eurozona e non solo per l’Italia la riforma del Mes. La comunicazione (e rassicurazione) ufficiale circolata in questi giorni è la seguente: riformare il Mes non significa aver intenzione di usarlo.
Cosa cambia con la riforma del Mes
Come avevamo messo in luce già un anno fa, la riforma del Meccanismo europeo di stabilità introduce cambiamenti di portata relativamente contenuta.
- Vengono esplicitati una serie di criteri macroeconomici che consentono l’utilizzo del Mes senza l’obbligo di concordare un Memorandum, ovvero un piano di tagli e riforme (l’Italia non potrebbe realisticamente avvalersene, per cui poco cambierebbe nella sostanza).
- Viene previsto che il Mes possa erogare prestiti al Fondo di risoluzione unico per i salvataggi bancari. Questi prestiti devono comunque essere restituiti dal Fondo di risoluzione (che è un fondo interbancario). In sintesi, nel giro di qualche anno gli Stati che intervengono indirettamente nella risoluzione delle banche vengono ripagati, a carico del sistema bancario.
- Vengono introdotte clausole sulla ristrutturazione del debito (single-limb CACs) che renderanno più difficile ai fondi-avvoltoio la possibilità di porre il loro veto nel caso in cui una ristrutturazione sia concordata fra creditori e debitore. Questo aspetto, viene detto in via ufficiale, serve a rendere più veloce e non più probabile l’ipotesi di una ristrutturazione del debito. Su questo e sui precedenti punti abbiamo espresso la visione contenuta sulle fonti ufficiali (in particolare, il sito del Mes) – il dibattito interpretativo resta aperto fra gli economisti.
Per approfondire i cambiamenti apportati al Mes rimandiamo a questo articolo.
Per una panoramica sulle diverse posizioni degli economisti in merito alla riforma, è possibile consultare le interviste a Carlo Cottarelli, Emiliano Brancaccio, Nicola Borri e Sergio Cesaratto.