Economia

Riforma pensioni, com’è andato l’incontro fra Governo e sindacati

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Al termine di due ore di confronto, i sindacati e il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, hanno aperto la trattativa sulla riforma delle pensioni nel dopo Quota 100. L’obiettivo delle parti sociali, come anticipato nei giorni scorsi, è introdurre nuove forme di pensionamento anticipato e altre forme di sostegno quali la pensione di garanzia per i giovani afflitti da carriere discontinue e l’estensione a nuove categorie delle tutele per i lavori gravosi ed usuranti.

Le dichiarazioni dei rappresentanti dei sindacati ha messo in evidenza la disponibilità al dialogo da parte del governo, anche se nessuna intesa è stata anticipata sui temi caldi della trattativa. . “Ci aspettiamo una discussione collegiale all’interno del governo, sappiamo bene che non è il ministro Orlando a decidere, ci aspettiamo che governo e partiti di coalizione diano risposte chiare”, ha dichiarato il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri.
“Finalmente si apre un confronto sul tema della previdenza, reso urgenze anche dalla conclusione della sperimentazione di Quota 100”, ha commentato invece il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, che ha espresso un “giudizio positivo” sul confronto del 27 luglio.

Dichiarazioni più intransigenti, invece, quelle rilasciate dal segretario della Cgil, Maurizio Landini: “Abbiamo chiesto esplicitamente che il governo ci dica se si può aprire o no una trattativa sulla nostra piattaforma”, e ancora, “abbiamo anche detto che è necessario che con il mese di settembre si entri nel merito perché per quello che ci riguarda… in base alle risposte che ci verranno date, noi intendiamo farne una vera e propria mobilitazione e una vera e propria vertenza”.

Riforma delle pensioni: le ipotesi sul tavolo dei sindacati

Il problema delle risorse, come avevamo riassunto in un precedente articolo, riguarda da vicino tutte le misure di pensionamento anticipato proposte dai sindacati e da alcune forze di governo (in primis, Lega e M5s). Quota 41, in particolare, che consentirebbe il pensionamento con 41 anni di contribuiti senza limiti di età anagrafica costerebbe 4,3 miliardi nel primo anno, fino ad arrivare a 9,2 miliardi al decimo anno dall’introduzione, secondo le simulazioni dell’Inps.

Si ipotizzano, inoltre, un’uscita a partire dai 64 anni di età con 36 di contribuzione – a patto di accettare un assegno calcolato esclusivamente con il meno generoso sistema contributivo; e ancora, a partire da 64 anni e 20 di contributi, con un importo minimo pari almeno a 2,8 volte l’assegno sociale.

Entrambe queste soluzioni sarebbero nettamente meno costose per il contribuente rispetto a Quota 41, con un esborso stimato pari a 1,2 miliardi nel primo anno, fino a un massimo di 4,7 miliardi al sesto anno.

Il nodo risorse e le prospettive future

I sindacati, di fronte a questo problema, hanno suggerito di separare dal conto della previdenza la spesa per l’assistenza, che alleggerirebbe i conti di 2 punti di Pil: “Se separiamo queste due componenti”, ha detto il segretario della Cgil, “la spesa previdenziale nel nostro Paese non è superiore alla media europea”.

Secondo Landini sono tre le maggiori sfide politiche per il mercato del lavoro: la riforma fiscale, quella delle pensioni e degli ammortizzatori sociali. “Sono i tre argomenti su cui se a settembre non ci saranno risposte adeguate il sindacato dovrà pensare a forme di mobilitazione nel Paese”, ha dichiarato il leader della Cgil. Guardando al futuro che si apre dopo questo primo incontro, ha dichiarato, invece, il segretario Sbarra, “ci aspettiamo una risposta che dia certezze ai lavoratori e alle lavoratrici che devono andare in pensione”.