Va avanti il cantiere previdenziale del governo Draghi per la riforma delle pensioni. Dopo l’entrata in vigore di Quota 102, l’Esecutivo ha messo sul tavolo nel confronto con i sindacati una nuova proposta di legge che prevede di uscire dal lavoro a 64 anni rispetto all’età ordinaria di pensionamento a 67 anni prevista dalla legge Fornero, che prevede l’erogazione solo della parte contributiva maturata fino a quel momento, riconoscendo poi la parte retributiva raggiunti i 67 anni. Il governo ha già parlato di questa di questa riforma delle pensioni ai sindacati nell’ultimo dei confronti tecnici in vista del tavolo politico conclusivo con i ministri Franco e Orlando della prossima settimana. Ma Cgil, Cisl e Uil hanno già fatto sapere di non poter accettare un taglio del 30%. L’Esecutivo ha poi manifestato la disponibilità a ragionare sulla revisione dei coefficienti di trasformazione e sulla possibilità di ridurre la soglia di 2,8 volte l’assegno minimo per chi è interamente nel sistema contributivo e vuole accedere al pensionamento a 64 anni. Tra gli altri punti in discussione, la possibilità di introdurre una pensione contributiva di garanzia per giovani e donne. Chiusura netta invece sull’ipotesi ribadita da Cgil Cisl e Uil di ottenere in ogni caso la pensione con 41 anni di contributi senza vincoli sull’età.
Riforma pensioni: la reazione della Cgil
“La flessibilità è un elemento rispetto al quale il Governo ha dichiarato di essere intenzionato a dare delle risposte. Attendiamo di conoscerne il merito”. È quanto dichiara il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli al termine dell’incontro in sede tecnica tenutosi al Ministero del Lavoro sulla previdenza.
“È stata condivisa la necessità di un superamento delle rigidità attuali presenti nel sistema, in particolare quella legata ai 67 anni, anche se – sottolinea il dirigente sindacale – per il Governo su questo l’unica strada individuata è quella delineata dal sistema contributivo, rispetto alla quale rimane ferma la contrarietà del sindacato”. Ghiselli spiega che “al tavolo sono stati affrontati anche i temi dei coefficienti di trasformazione e quello dell’eliminazione della soglia del 2,8 e 1,5 volte l’assegno sociale per coloro che raggiungono rispettivamente 64 e 67 anni, su cui l’Esecutivo ha fornito una generica disponibilità”. “Secondo il quadro che è stato presentato – prosegue il segretario confederale della Cgil – la flessibilità che viene ipotizzata comprende anche una tutela ulteriore per le categorie più deboli come disoccupati, gravosi, invalidi e coloro che assistono un familiare con handicap, punto su cui il Governo si è impegnato ad effettuare delle verifiche tecniche”. “Al contrario – conclude Ghiselli – nessuna apertura è stata fatta rispetto alla nostra richiesta relativa alla riduzione dell’accesso a 41 anni per la pensione anticipata”.
Anche la Cisl apprezza la disponibilità del governo ma si oppone al ricalcolo.” Lo scambio non può essere quello del ricalcolo contributivo. Se c’è una traiettoria comune bisogna vedere come ci si arriva”, spiega il segretario confederale, Ignazio Ganga. E anche per il segretario confederale Uil, Domenico Proietti, è “significativo” che il Governo abbia riconosciuto la necessità di introdurre una maggiore flessibilità nell’età di accesso alla pensione ma è ” sbagliata l’idea di legare questa flessibilità al ricalcolo contributivo che si tradurrebbe in un ulteriore penalizzazione per i lavoratori”.
Il commento di Tridico (Inps)
La proposta di riforma delle pensioni del governo Draghi introduce “un principio di equità”. Lo ha detto il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, in televisione sottolineando che “ci sarebbe un piccolo esborso per l’anticipo pensionistico pari a 400 milioni l’anno, una cifra sostenibile”. Quota 100 è costata 11 miliardi nel triennio, ha ricordato, mentre la proposta dei sindacati di andare in pensione con 41 anni di contributi a prescindere dall’età costerebbe 9 miliardi nell’arco di tre anni. Tridico con l’occasione ha anche parlato di altro, in particolare sugli effetti dell’inflazione sugli assegni pensionistici, per cui il presidente dell’Inps non è preoccupato. ” Con il meccanismo introdotto dal Governo avremo una rivalutazione al 100% dell’inflazione, a meno che non cambi qualcosa, fino a tre volte il minimo della pensione; del 90% da quattro a cinque volte; del 75% oltre cinque volte” (…) “Non sono preoccupato – ha proseguito – il Governo potrebbe anche varare adeguamenti provvisori durante l’anno, ma penso che questa sia una fiammata provvisoria e che riguardi essenzialmente i prodotti energetici. A gennaio del prossimo anno i pensionati avranno un adeguamento” corrispondente all’inflazione stimata in aumento del 4,8%.