Non solo quota 100: nel menù della riforma pensioni che dovrebbe trovare spazio nella prossima legge di bilancio rispunta l’ipotesi di congelamento dell’adeguamento per via amministrativa dei limiti di pensionamento alla speranza di vita.
Ne parla Il Sole 24 ore secondo cui di congelamento se ne parlò anche in passato ma poi tutto cadde nel vuoto perché gli effetti erano devastanti. Era stata la Ragioneria generale dello Stato, nel consueto report sulla spesa di lungo periodo legata all’invecchiamento della popolazione, a stabilire che eventuali interventi di legge «diretti non tanto a sopprimere esplicitamente gli adeguamenti automatici ma a limitarli, differirli o dilazionarli, determinerebbero comunque un sostanziale indebolimento della complessiva strumentazione del sistema pensionistico italiano».
In sostanza secondo la Ragioneria l’idea di congelare in maniera permanente il meccanismo di adeguamento alla speranza di vita avrebbe lasciato invariati i livelli attuali per la vecchiaia, l’assegno sociale e l’anticipo pensionistico. Unica eccezione, nel 2021, la vecchiaia passerebbe comunque a 67 anni e questo per effetto di una clausola di salvaguardia introdotta con la riforma Monti-Fornero.
“Lo stop all’adeguamento automatico dell’età di uscita alla speranza di vita non solo comporterebbe un significativo peggioramento del rapporto fra spesa e Pil, ma causerebbe anche un abbattimento crescente nel tempo dei tassi di sostituzione, ovvero del rapporto tra l’ultima retribuzione e l’assegno Inps”.