Economia

Riforma pensioni: si parte con quota 100

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ROMA (WSI) – Entrata in vigore nel 2019 della quota 100 e tempi più lunghi invece per la pensione anticipata con un’anzianità contributiva di 41 anni. Questa la road map che potrebbe seguire il governo in merito al capitolo pensioni, come riporta il sito Pmi.it.

Secondo le ultime dichiarazioni dei vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, la quota 100 potrebbe essere inserita già nella prossima legge di bilancio e come tale sarà applicabile dal 1° gennaio 2019. Altra misura che potrebbe trovare spazio nella prossima legge di bilancio targata Lega-Ms5 è l’opzione donna che, sempre secondo le indiscrezioni, potrebbe consistere in una proroga al dicembre 2018 per maturare i 57 anni di età e 35 di contributi necessari oppure una variazione dei requisiti di accesso. A rischio cancellazione l’Ape social che il governo potrebbe sacrificare facendo posto alla pensione di cittadinanza.

Il tema pensioni è ovviamente molto sentito dopo la drastica riforma Fornero che nel 2011, sotto il governo tecnico guidato dal professore Mario Monti, portò ad un allungamento dell’età pensionabile. E lo sa bene anche l’opposizione che tenta di recuperare consenso popolare proponendo ora una sua riforma previdenziale che in qualche modo possa superare la Fornero, e anche in questo caso di tratta di una quota 100.

A presentarla i parlamentari alla Camera Cesare Damiano e Andrea Orlando. Simile a quella del programma del Governo Conte – che richiede un minimo di 64 anni di età e 36 anni di contributi – la quota 100 del Pd prevede per il diritto alla pensione un’età anagrafica minima di 63 anni da sommare ad almeno 37 anni di contributi. Come precisa Damiano:

“La quota cento per le pensioni l’abbiamo inventata noi. Ma se ‘quota cento’ non tiene conto dei disabili, dell’Ape sociale e delle categorie a rischio, non va bene. Noi diciamo ‘sì’ alla quota cento ma non se è al di sopra dei 63 anni. E, seconda cosa, chiediamo si confermi l’Ape sociale e volontaria. Siamo a favore della pensione contributiva e vorremmo chiedere a Di Maio come mai non sentiamo parole sui licenziamenti individuali illegittimi che, anche dopo il Jobs Act, sono diventati troppo numerosi”.