Si prevede un autunno caldo sul fronte della riforma delle pensioni in Italia. Quello delle pensioni è uno degli appuntamenti chiave che l’esecutivo dovrà affrontare, terminata la pausa estiva, insieme a quello della riforma fiscale.
Si tratta di riforme necessarie per ricevere le prossime tranche del Recovery plan, dopo i primi 24,9 miliardi di euro arrivati a Roma nelle scorse settimane.
 Cosa succederà dopo Quota 100?
Mentre si avvicina la scadenza della famigerata Quota 100 (in calendario a fine anno), per vedere i primi passi della la riforma pensionistica bisognerà aspettare a settembre. Uno dei tasselli chiave da mettere in piedi per un Recovery credibile e affidabile, approderà dunque in Cdm solo il mese prossimo, alla ripresa dei lavori del Parlamento, segnando così un ritardo rispetto a quanto scritto nel Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Da Palazzo Chigi, intanto, hanno assicurato che lo slittamento dei provvedimenti alla ripresa dell’attività parlamentare non comporterà alcun ritardo rispetto ai tempi dettati dal Recovery Plan.
Le opzioni sul tavolo sono tante ma rischiano di incagliarsi sul nodo dei costi. Da un lato la Lega e il Movimento 5 Stelle sarebbero intenzionati a varare nuovi provvedimenti, ma anche all’interno del Partito democratico il ritorno della “Fornero” senza scappatoie sarebbe uno scenario poco apprezzato, mentre i sindacati, con la richiesta di nuove forme di flessibilità puntano alla cosiddetta Quota 41 (possibilità di uscita al quarantunesimo anno di contribuzione, a prescindere dall’età anagrafica) o su pensionamenti anticipati per i lavoratori raggiunta l’età di 62-63 anni.
Riforma pensioni, torna in campo l’Ape sociale
Tra le ipotesi riportate ieri dal Sole 24 Ore per la riforma delle pensioni prende forza l’ipotesi dell’Ape sociale visto che bisogna fare i conti con il ministero dell’Economia che guarda con “distacco a tutte le ipotesi di nuove Quote e di forme di uscita anticipata per tutti”.
L’idea è quella di utilizzare strumenti già a disposizione, in versione rafforzata: tra questi l’Ape sociale che “dovrebbe essere utilizzabile anche da altre categorie di lavoratori impegnati in attività considerate gravose o usuranti”. Ipotesi gradita anche al presidente dell’Inps Tridico.
Ricordiamo che l’Ape sociale nella sua formula originale è l’anticipo pensionistico previsto per le persone di 63 anni, che rientrano nelle categorie socialmente deboli e che sono in possesso di almeno 30 anni di anzianità contributiva.