Quali riforme e quale sistema elettorale ci attendono
Nella situazione di stallo in cui si trova la politica in questo momento, per il singolo cittadino, anche lui come i politici, preso a coltivare gli interessi del proprio orticello ma che da frutti solo per una parte del mese, la domanda che gira nella testa è sempre: “ma cosa abbiamo votato a fare?”.
E’ vero che, come sostenuto anche dai 10 saggi, ci si aspetta una vera e propria riforma costituzionale con l’eliminazione del bicameralismo e l’introduzione del Senato Federale. Mi aspetto anche che questo Senato possa rappresentare, come nel Senato Federale degli Usa, una condizione paritetica delle Regioni. Un Senato snello formato da un numero ridotto, ma uguale per tutte, di rappresentanti per ogni Regione.
E’ vero anche che ci si aspetta una riduzione del numero dei deputati per arrivare ad un massimo di 400.
Ma soprattutto ci si aspetta che alle prossime elezioni i cittadini possano, nuovamente, scegliere i propri rappresentanti senza doversi per questo sentire, scippati dalle solite segreterie di partito.
Ora non mi aspetto di trovare dei padri costituenti che riescano a fare delle riforme in grado di durare 60 anni come l’attuale Costituzione, ma almeno delle persone capaci e dotati di lungimiranza che possano partorire delle riforme che non abbiano delle scadenze come le mozzarelle, che non siano a favore di o contro qualcuno ma che siano in grado tra altri 60 anni di dare ai cittadini italiani l’orgoglio di condividere i valori della Costituzione anche dopo la riforma.
Una cosa è certa però, in attesa di trovare cotanta lungimiranza, non si può andare a nuove elezioni con questo sistema che non garantisce una maggioranza in ambedue le camere e da adito a consultazioni, strategie, mediazioni e maggioranze che potrebbero non corrispondere a quelle votate dai cittadini.
Quale sistema prevedere allora per permettere alcune cose fondamentali quali:
1) indicazione indiretta del Presidente (che verrà scelto dal Presidente della Repubblica)
2) doppio turno di collegio;
3) preferenza e scelta del cittadino (primo turno come primarie tra candidati)
4) rispetto delle pari opportunità con doppia preferenza di genere (garantito almeno il 40% ad ogni sesso);
5) premio di maggioranza sia per la Camera che per il Senato (min. 60%)
6) stabilità;
7) sistema applicabile per il Senato, Camera, Regioni, Province e Comuni;
Lungi da me di voler trovare con questa proposta l’uovo di Colombo ma almeno una base di discussione dalla quale partire e soprattutto senza calcoli preventivi su chi potrebbe essere avvantaggiato da questo sistema elettorale.
Un sistema elettorale che collega Camera e Senato, non separatamente, ad un’unica coalizione o lista vincente e che come per il Sindaco garantisce almeno il 60% dei deputati e senatori ai vincitori.
Un sistema elettorale che ritorna ai collegi (126 alla Camera e 63 al Senato) per restituire quel contatto col territorio che è mancato a seguito delle nomine romane.
Un sistema che garantisca una volta per tutte e per tutti una preselezione con un primo turno che funge anche da primarie di partito e soprattutto che, con la doppia preferenza di genere, dia la possibilità al sesso meno rappresentato di avere almeno due eletti per ogni collegio (40%).