La ripresa economica della Cina mostrata nei primi tre mesi dell’anno potrebbe spingere il governo a ridurre gli stimoli. Ipotesi che, se si rivelasse corretta, potrebbe rivelarsi un grosso errore. Questo perché – come spiegano gli analisti di Nomura – i segnali di miglioramento non appaiono almeno per il momento sostenibili nel lungo periodo.
“Pensiamo che sia ancora presto per ridurre la politica espansione monetaria e mettere le parola fine al supporto della banca centrale cinese” hanno detto gli esperti della banca giapponese, ricordando che la Cina ha registrato nel primo trimestre del 2019 un rialzo del Pil pari al 6,4% annuo, meglio del 6,3% atteso dagli analisti e in linea col 6,4% del periodo ottobre-dicembre 2018.
Analoga prudenza è stata espressa dagli analisti di Shroeder:
“Siamo un po’ scettici nei confronti dell’improvvisa primavera nel passo della Cina e vediamo una forte possibilità che parte di questa solidità nella produzione venga annullata il mese prossimo. Contemporaneamente, il Pil è risultato più elevato delle attese. Ci aspettiamo ancora che i forti dati del credito portino a una crescita nel secondo e terzo trimestre, quindi il rischio rispetto alle nostre aspettative di crescita del 6,3% per il 2019 è ancora al rialzo” si legge in una nota.
Secondo Robin Xing, capo economista in Cina presso Morgan Stanley, l’enfasi sarà ora sulle misure non monetarie.
“Non hanno menzionato il fatto che finiranno l’allentamento della politica”, ha detto in un’intervista alla CNBC durante la riunione del politburo. “Si affideranno sempre di più all’allentamento fiscale”, ha detto, riferendosi a un pacchetto da 2 trilioni di yuan (298 miliardi) annunciato il mese scorso al Congresso nazionale del popolo, che prevede tagli a imposte e tasse.