Fa rumore l’exploit di inizio anno del risparmio gestito, il quale in soli tre mesi è riuscito a sfiorare i 30 miliardi di flussi netti positivi nella raccolta. Praticamente il doppio dello scarto racimolato nel 2020 (+14,5 miliardi). Il dato emerge dal report pubblicato da Assogestioni e fotografa perfettamente la ripartenza vigorosa del mondo degli investimenti finanziari.
Le brusche frenate del 2020, segnato dallo scoppio della pandemia, oggi, sembrano solo un brutto ricordo per il risparmio gestito, come certificano i numeri della ricerca. Il nuovo record di patrimonio, emerso dalla mappa trimestrale Assogestioni, ammonta a 2.469 miliardi di euro, con le gestioni collettive che tornano a superare complessivamente le gestioni di portafoglio. Le prime si attestano a 1.242 miliardi mentre le seconde a 1.227.
Un sorpasso che si basa in particolare sul dato dei fondi comuni che nei primi tre mesi dell’anno raccolgono oltre 18,6 miliardi di euro. Di questi, ben 13 miliardi si riferiscono ai fondi azionari.
A seguire troviamo i bilanciati con 4,3 miliardi e gli obbligazionari con 2,8 miliardi. In territorio negativo per raccolta da inizio anno i flessibili che lasciano sul terreno 2,7 miliardi.
Tra le gestioni di portafoglio, il cui dato di raccolta complessivo è positivo per 9,9 miliardi di euro, le gestioni di prodotti assicurativi fanno registrare afflussi per 3 miliardi, mentre le gestioni di portafoglio retail si posizionano a 2,5 miliardi.
Risparmio gestito, un quarto dei fondi è green
Cresce il binomio investimenti e green. Un importante elemento di novità emerso dal report Assogestioni riguarda l’universo dei fondi aperti analizzato in relazione all’entrata in vigore, lo scorso 10 marzo, dell’SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation). Su un patrimonio promosso dei fondi aperti pari a complessivi 1.063 miliardi di euro, 276 miliardi, il 25,9% del totale, considerano le variabili ambientali e sociali nella politica di investimento.
Il 90% di tale patrimonio promuove caratteristiche ambientali e/o sociali e rientra nell’art.8 mentre il 10% ha specifici obiettivi di sostenibilità ed è classificabile come prodotto “articolo 9”. Per quanto riguarda le asset class su cui investono i fondi di lungo termine, la più rappresentata è l’azionario con il 36,1%, seguita a stretto giro dall’obbligazionario al 29,6%. Chiudono flessibili e bilanciati rispettivamente al 16,9% e 13,4%.
“L’offerta di strumenti di finanza sostenibili sviluppati dalle società di gestione rende possibile la mobilitazione dei capitali a favore delle imprese che più si impegnano nel cammino verso la sostenibilità promosso dalle istituzioni europee e nazionali”, ha commentato Manuela Mazzoleni, direttore Sostenibilità di Assogestioni. “Il peso crescente e già significativo degli investimenti sostenibili sul totale mostra come gli investitori italiani siano pronti a contribuire con i propri risparmi alla sfida della transizione ecologica”, ha completato.
Numeri destinati ad aumentare, e velocemente, nel tempo se consideriamo che da inizio anno al 31 marzo 2021 la raccolta dei fondi aperti sostenibili in termini di patrimonio promosso è stata superiore ai 18 miliardi su un totale di 15,7 miliardi, permettendo, dunque, non solo una conclusione del trimestre in territorio positivo, ma contribuendo in modo decisivo al dato di raccolta complessivo dell’industria.