La riunione della Bce di oggi è la più importante degli ultimi mesi. Questo per due motivi principali. Innanzitutto perché giunge una settimana prima di un altro appuntamento storico, quello che coinciderà quasi certamente con il secondo rialzo dei tassi della Federal Reserve in dieci anni. In secondo luogo per la criticità del momento per l’area euro, anche per via dell’instabilità politica venutasi a creare in Italia dopo l’esito del referendum costituzionale.
I tempi e le modalità del piano di allentamento monetario straordinario verranno probabilmente rivisti e saranno inoltre rese note le nuove stime su inflazione e Pil per l’area euro. Le politiche monetarie di Europa e Stati Uniti prenderanno strade ancora più divergenti rischiando di provocare squilibri e distorsioni sui mercati valutari e obbligazionari.
La maggior parte degli economisti interpellati da Reuters si aspetta che il programma di acquisto di titoli di Stato e corporate bond venga esteso di sei mesi, fino a settembre 2017, ma che l’entità dei titoli acquistati rimanga invariata a 80 miliardi di euro al mese. La Bce potrebbe anche cambiare le regole del QE per ammorbidirle. Una decisione del genere, che verrebbe annunciata da Mario Draghi in conferenza stampa, farebbe infuriare però i falchi del board, ampliando le divisioni interne.
Alle 14.30 il presidente presenterà inoltre i risultati dell’ultimo round di previsioni economiche trimestrali. Per la prima volta si conosceranno le stime dei banchieri centrali su inflazione e Pil per il 2019. Tra tre anni la ripresa dovrebbe restare intatta e l’inflazione avvicinarsi, ma senza superare, l’obiettivo prefissato del 2%.
Le ultime anticipazioni, pubblicate a settembre indicavano una crescita dell’1,7% quest’anno, dell’1,6% nel 2017 e dell’1,6% nel 2018. Quanto ai prezzi al consumo, l’inflazione è prevista raggiungere il +0,2 quest’anno, l’1,2% nel 2017 e l’1,8% nel 2018.
Bce dovrà dare risposte sulle banche italiane
Ma il momento più critico della conferenza stampa dell’ex numero uno di Bankitalia sarà probabilmente quello in cui Draghi dovrà rispondere alle domande sulla crisi politica italiana, apertasi dopo le dimissioni di Matteo Renzi da primo ministro, e il possibile impatto che questa avrà sulle banche del paese, come Mps.
Dal banchiere ci si aspetta delle risposte, ma i giornalisti potrebbero rimanere delusi. In passato Draghi ha discusso dei problemi delle banche con la montagna di crediti deteriorati iscritti a bilancio, ma la delicatezza della situazione della banca più antica del mondo, Mps, potrebbe spingerlo a sviare le domande sul settore bancario del suo paese, in piena crisi patrimoniale.
Sono poi da tenere in conto le parole che Jens Weidmann, il presidente della Bundesbank, ha pronunciato dopo la vittoria del No al referendum costituzionale. Il falco della banca centrale tedesca teme che la sconfitta del governo e un periodo di instabilità politica metta a rischio le riforme economiche di cui l’Italia ha bisogno. Draghi e Weidmann ritengono che queste riforme strutturali siano indispensabili se l’Italia vuole avviare una ripresa a lungo termine della sua economia, ferma al palo da circa vent’anni.
Bce, Draghi deluderà i mercati
Quello che rende molto delicato l’appuntamento odierno è che, nel giorno in cui la Bce annuncerà molto probabilmente l’estensione di sei mesi del programma ultra accomodante di Quantitative Easing, l’attenzione degli investitori è rivolta anche agli eventuali riferimenti che Draghi farà al possibile rallentamento e strategia di uscita dal programma per l’anno prossimo.
Secondo gli analisti di Societe Generale se Draghi non prolunga il piano di acquisti di bond oltre marzo, riaccenderà le paure dei mercati circa la fine del QE (tapering). Se lo farà ma senza precisare nulla sulla portata del programma (lo scenario di base della banca francese), i mercati rimarranno delusi dal momento che già scontano un’estensione fino a settembre.
L’unico compromesso che potrebbe trovare, vista anche l’opposizione dei falchi del board, è quello di impegnarsi a comprare titoli al ritmo di 80 miliardi di euro al mese fino a giugno (estensione di tre mesi e non sei), segnalando però al contempo che l’entità di titoli acquistati dipenderà dai dati macroeconomici che verranno pubblicati da qui in avanti. Si tratta tuttavia di un’ipotesi che difficilmente si realizzerà, almeno secondo SocGen.
Secondo gli analisti di mercato di OANDA, è importante che la Bce dia un messaggio chiaro sulla volontà di condurre politiche sempre molto accomodanti. Sia che si tratti di aumentare la percentuale di singoli di titoli da comprare (dal 33% al 50% per esempio), sia che si tratti di comprare bond che rendono anche meno del -0,4% per poter continuare a includere buona parte dei Bund tedeschi) è importante che la Bce non faccia cenno a una qualsiasi forma di tapering nel prossimo futuro. Se lo facesse “scatenerebbe un rimbalzo dell’euro e dei rendimenti europei”.
Una riduzione dell’entità o della durata del piano in futuro, anche nel 2017, sarebbe interpretata dai mercati come una sconfitta di Draghi nella sua missione di far tornare l’inflazione vicina ma non oltre il target del 2% e nella sua opera di convincimento dei falchi. L’Eurozona ha ancora bisogno di stimoli monetari, pertanto “i mercati risponderebbero in maniera molto negativa” a un accenno a una strategia di uscita dal QE.
Per il momento l’azionario europeo scambia in marginale rialzo, allungando la striscia positiva che è la più lunga degli ultimi due mesi (segui live blog mercati). Cac francese e Ftse MIB italiano sono entrati in fase di mercato rialzista i primi di dicembre. Intanto sul valutario l’euro si rafforza, scambiando in rialzo dello 0,4% circa e portandosi poco al di sotto dell’area di 1,08 dollari. Sono i massimi di tre settimane. L’andamento degli ultimi mesi è tuttavia decisamente calante e lo si deve anche agli annunci e alle previsioni della Bce: alla riunione di settembre valeva $1,13, a quella di ottobre $11,10.