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Roubini: “Cinque motivi per essere scettici su Fed e Bce”

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ROMA (WSI) – Per primo ha previsto la crisi economica del 2008. Adesso il professore della New York University, Nouriel Roubini, torna a tratteggiare un nuovo scenario di zone d’ombra ad alto rischio per l’Europa. Si tratta di una analisi che mette alla berlina la politica del denaro facilepromossa su entrambe le sponde dell’Atlantico da Bce e Fed. Quelle misure di allentamento monetario, che sfociano nell’assegnare ai mercati liquidità a tassi irrisori, devono essere messe in discussione perché – sostiene Roubini – provano solo costi e rischi.

“Qui adesso ci vuole tolleranza zero altrimenti si rischia un mondo di zombi“, sentenzia il guru, rimandando ai rischi di deleveraging con tutto ciò che ne consegue. “Il pericolo – denuncia nella sua analisi – è quello di danneggiare le prospettive di una ripresa economica sostenuta nel lungo termine, a causa causa l’indebitamento di Paesi zombie che rallentano la crescita del credito e quella della spesa, finendo per sfociare in un lungo periodo di stagnazione economica“.

Ma non solo. Roubini sottolinea come questa ripetuta politica di stimoli monetari possa rilevarsi inefficace nel tempo. Il motivo è già oggi evidente: quel fiume di denaro facile promosso dalle Banche centrali non viene dirottato nelle attività economiche, ma ristagna nelle casse delle banche. Un altro dato di fatto è l’impatto sui mercati valutari. “Se la maggior parte dei Paesi sviluppati applicano gli stessi stimoli nello stesso tempo – osserva – questo provoca a un apprezzamento delle materie prime, che limita ulteriormente ogni progresso sulla bilancia commerciale dei Paesi importatori”.

Le distorsioni non finiscono qui. Quarto punto: “eccessivi afflussi di capitali nei mercati emergenti conducono per creare svantaggi per la stabilità finanziaria e macroeconomica anche in quelle aree del mondo”. Ultimo, ma non ultimo è il rischio di creare bolle nel mercato del credito. In apparenza la situazione sembra risolta, ma in realtà non è affatto così. “Quegli stimoli, quantitative easing in testa, frenano i governi a realizzare le riforme economiche, ritardando piani di rientro”.