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Roubini: dopo sentenza Argentina, Grecia rischia grosso

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New York – E’ bastata una sentenza di un giudice per fare riapparire lo spauracchio del default in Argentina. E ora persino la Grecia rischia di subirne le conseguenze.

In un’analisi che porta la firma di Nouriel Roubini si spiega come la decisione del giudice di New York Thomas Griesa sul rimborso del debito sovrano argentino potrebbe avere un impatto sul mondo intero, ma in particolare su Atene, che dopo aver ricevuto una nuova tranche di aiuti da decine di miliardi di euro si era illusa di essersi liberata del macigno di Sisifo.*

Buenos Aires ha perso una causa presentat dal magnate dei fondi hedge Paul Singer e ora dovra’ restituire al ricco creditore 1 miliardo e 330 milioni di dollari. Singer ha comprato tango bond nel 2001 quando l’economia dello stato sudamericano e’ collassata. Ora vuole tutti i suoi soldi indietro.

L’Argentina si rifiuta di pagare, dicendo che non ha sfruttato l’occasione per ristrutturare il debito nel 2005 e nel 2010 come invece ha fatto la maggior parte degli obbligazionisti. Buenos Aires puo’ prendere tempo: la corte d’appello Usa ha rinviato la sentenza di rimborso del debito ai fondi hedge.

La scorsa settimana il giudice Usa ha dato ragione a Singer. L’Argentina non ha perso tempo e ha presentato ricorso, parlando di “colonialismo”, ma le cose non si mettono bene per il governo di Cristina de Krichner, che deve fare anche i conti con una crescente insoddisfazione della sua gente.

Il punto del professore della NYU e’ il seguente e riguarda da vicino la Grecia e le clausole di azione collettiva (CAC), una sorta di strumento coercitivo che costringe i creditori privati recalcitranti a partecipare alle perdite sul debito ellenico causate dalla sua ristrutturazione.

Le clausole di questo tipo avrebbero impedito a un Singer di turno di fare causa. Il problema allora qual e’? Che molti accordi sul debito sovrano stretti negli ultimi anni non hanno queste clausole favorevoli all’ente emittente. Quindi a decidere sono il mercato e il tribunale.

Inoltre le clausole CAC da sole potrebbero non essere sufficienti, perche’ dovrebbero riguardare i terminini accettati dalla gran parte dei creditori per tutte le varie scadenze del debito (nel caso argentino, ad esempio, sia i primi tango bond che i il debito emesso in un secondo momento).

Secondo Roubini, siccome Atene ha emesso debito sottostante a norme legali differenti tra loro, servirebbe un’unica clausola che metta tutti i casi insieme. C’e’ un piccolo problema, tuttavia: l’accordo sulla Grecia non prevede una simile “mega clausola”.

La prima emissione, ad esempio, rispettava le norme greche, ed era quindi ovviamente piu’ favorevole ad Atene. Gli ultimi bond assegnati seguono invece la legge britannica e sono dunque potenzialmente piu’ favorevoli ai creditori.
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Ipotizzando che Atene abbia bisogno di un’altra mano dal settore privato o pubblico per rendere gestibile e sostenibile il suo debito, il governo ellenico e i suoi creditori senior – sempre secondo le stime di Roubini – dovrebbero impelagarsi in un complicato programma di buyback del debito dagli obbligazionisti privati.

Naturalmente in questo caso il paese punterebbe a ottenere il miglior accordo possibile e per farlo utilizzerebbe le clausole CAC. Tuttavia, dal momento che i bond sono stati emessi in due legislazioni diverse tra loro, e quella britannica sara’ meno magnanima nei confronti della Grecia, se un giudice inglese dovesse interpretare la legge come il suo collega newyorchese Griesa, allora Atene potrebbe finire veramente nei guai.

Insomma, il destino di Grecia e Argentina e’ nelle mani dei giudici. Ieri a mercati chiusi la corte di appello Usa ha bloccato l’ordinanza del giudice Griesa che voleva che il paese sudamericano rimborsasse tutti i creditori, previa esclusione monetaria. Buenos Aires non dovra’ piu’ ripagare 1,33 miliardi al gestore di fondi hedge Singer.

Sulle speranze che venga dunque scongiurato un default tecnico, i contratti warrant sul Pil argentino (ovvero contratti legati alla crescita economica) sono balzati al massimo dell’anno, con un rialzo del 20% (+1,88 centesimi), a 11,40. In forte rialzo anche i prezzi dei bond sul mercato secondario.

Buenos Aires deve dire grazie a un gruppo di obbligazionisti ‘innocenti’ che ha cercato di ottenere che fosse reinstaurato lo status quo, per “garantire che i pagamenti sugli interessi ai creditori continuassero, senza dover aspettare l’esito del ricorso legale”, ha riferito al Financial Times il legale del gruppo di fondi hedge David Boies. La sentenza di Griesa non tiene conto infatti dei diritti degli “obbligazionisti innocenti”.

La vicenda si e’ trasformata percio’ in una guerra aperta tra fondi hedge. Da una parte Elliott e Aurelius (i creditori che oppongono resistenza) dall’altra Brevan Howard e Gramercy (quelli che hanno accettato offerte di scambio). In altre parole l’Argentina ora puo’ contare sull’appoggio di un maxi fondo hedge, quello di Brevan Howard, che fara’ di tutto per evitare un nuovo crack del debito, anche se questo vorra’ dire contrastare non Paul Singer, bensi’ il giudice Griesa in persona.

* Il mito vuole che Sisifo venne condannato dagli dei a portare un macigno sulle spalle fino alla sommita’ di un pendio, per farlo poi scivolare giu’ e ripetere l’operazione all’infinito.

Per contattare l’autore Twitter @neroarcobaleno; daniele@wallstreetitalia.com